C'è una volontà trasversale di voltare pagina con il passato, ma comunque accertare le responsabilità politiche e amministrative di una gestione privata della cosa pubblica. Alla fine di un dibattito contingentato dai tempi decisi in ufficio di presidenza arriva il momento delle repliche e l'aula si scalda con i movimenti rottamatori che rilanciano: le influenze di chi ha gestito male il paese negli ultimi anni ci sono ancora, nelle sedi dei partiti e in aula, a poco servono i tentativi di prendere le distanze. Sotto scopa Partito democratico cristiano e partito dei Socialisti e democratici. Tanto che le insinuazioni di Rete, vista l'immunità parlamentare, fanno solo prospettare possibili strascichi diffamatori. Con il distinguo di Alleanza popolare, rigetta, visto il suo pedigree, gli schizzi di fango lanciati dalla minoranza. Si arriva a scaramucce che rientrano nel gioco delle parti, ma che non distolgono l'attenzione da una questione morale che approda in aula e che, a differenza del passato, diventerà organismo consiliare di inchiesta, da affiancare a quello su Carisp-Sopaf. La maggioranza non intende fare sconti al passato, ma rivendica un cambio di rotta dal 2008 a oggi che ha portato non solo a fare luce su episodi oscuri del connubio politica affari, ma anche a fare leggi e dotare Magistratura e Forze dell'Ordine degli strumenti necessari. Alla fine non si trova l'accordo per un Ordine del giorno condiviso che istituisce la commissione di inchiesta. Bene Comune spinge per legarla al solo conto Mazzini, dando la propria disponibilità, senza se e senza ma, a metterne in piedi altre in futuro; l'opposizione vuole allargarla alle inchieste italiane Mose e Chalet, che coinvolgono San Marino, ma sul monte con eco ovattata, eppure collegate. Passa all'unanimità il primo, respinto il secondo, con il consigliere socialista Rossano Fabbri che si chiama fuori per interessi professionali. E' il segnale della volontà bipartisan di fare pulizia.
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