La notte scorsa il Consiglio ha votato un emendamento bomba, anzi bombolone, alla legge di bilancio. Il governo chiedeva di essere autorizzato all’accensione di un mutuo di 3milioni e 300mila euro per l’acquisizione di non meglio specificati “locali da destinare a sedi amministrative di uffici pubblici”. In realtà ci si riferiva al Centro Uffici Tavolucci dove è in scadenza un contratto d’affitto da 180 mila euro l’anno.
La proprietà del grande complesso immobiliare – è risaputo – è di Ambrogio Rossini, uno degli imprenditori d’assalto della Repubblica. Gli uomini del suo peso si contano sulle dita di una mano: guidano grandi gruppi, i loro interessi entrano in maniera pervasiva in ogni piega dell’economia, muovono somme che competono col bilancio pubblico, intrattengono con lo Stato un certo numero di affari, il cui conto – inevitabilmente – sembra sempre di segno negativo per la parte pubblica. Anche se l’ora era tarda l’opposizione ha dato battaglia, convinta che la maggioranza avrebbe fatto quadrato come sempre. Invece, inaspettatamente, l’emendamento è stato respinto. Non sappiamo chi siano i sette della maggioranza che hanno fatto mancare i loro voti. Di certo non i consiglieri del PSD, che per la sconfitta si sono molto arrabbiati.
Come mai?
Sono pienamente convinti del loro buon senso. Dicono: “lo Stato avrebbe potuto riscattare i 900 mila euro d’affitto pagati fin qui, sarebbe stato un buon affare”.
Dov’è l’errore?
È un modo di ragionare che cerca la migliore soluzione dentro a delle condizioni date.
Un ragionamento dogmatico. Il dogma è quello della sudditanza della politica ai grandi imprenditori, alle loro pretese inammissibili, come se la prima libertà da garantire fosse la libertà d’impresa. Il ragionamento da fare è un altro: è giusto che la politica continui a garantire la rendita di pochissimi privilegiati mentre piovono misure di rigore su tutta la popolazione? Finché sono durati gli anni delle vacche grasse certe pratiche potevano anche essere tollerate (per Sinistra Unita non lo sono mai state).
In tempo di vacche magre ci si chiede come si possa avere ancora la faccia di continuare con lo stesso registro. A voler fare del facile populismo si potrebbe far notare che il gettito della nuova riforma fiscale dà un importo pari all’operazione immobiliare che il governo ha tentato. Ringraziamo gli anticorpi della maggioranza che credevamo in uno stato di totale immunodeficienza. Non possiamo nascondere d’aver provato, dopo molto tempo, una scossa di fiducia. Vigileremo affinché il respingimento dell’emendamento non diventi una vittoria di Pirro.
Perché si sa: gli affari trovano sempre una via. Sempre in riferimento alla legge di bilancio Sinistra Unita intende far sapere ai dipendenti delle poste, preoccupati per la trasformazione dell’Ente in società per azioni, che si adopererà in tutti i modi possibili per la difesa del loro lavoro e del servizio postale, che va considerato un grande bene collettivo.
Sinistra Unita
La proprietà del grande complesso immobiliare – è risaputo – è di Ambrogio Rossini, uno degli imprenditori d’assalto della Repubblica. Gli uomini del suo peso si contano sulle dita di una mano: guidano grandi gruppi, i loro interessi entrano in maniera pervasiva in ogni piega dell’economia, muovono somme che competono col bilancio pubblico, intrattengono con lo Stato un certo numero di affari, il cui conto – inevitabilmente – sembra sempre di segno negativo per la parte pubblica. Anche se l’ora era tarda l’opposizione ha dato battaglia, convinta che la maggioranza avrebbe fatto quadrato come sempre. Invece, inaspettatamente, l’emendamento è stato respinto. Non sappiamo chi siano i sette della maggioranza che hanno fatto mancare i loro voti. Di certo non i consiglieri del PSD, che per la sconfitta si sono molto arrabbiati.
Come mai?
Sono pienamente convinti del loro buon senso. Dicono: “lo Stato avrebbe potuto riscattare i 900 mila euro d’affitto pagati fin qui, sarebbe stato un buon affare”.
Dov’è l’errore?
È un modo di ragionare che cerca la migliore soluzione dentro a delle condizioni date.
Un ragionamento dogmatico. Il dogma è quello della sudditanza della politica ai grandi imprenditori, alle loro pretese inammissibili, come se la prima libertà da garantire fosse la libertà d’impresa. Il ragionamento da fare è un altro: è giusto che la politica continui a garantire la rendita di pochissimi privilegiati mentre piovono misure di rigore su tutta la popolazione? Finché sono durati gli anni delle vacche grasse certe pratiche potevano anche essere tollerate (per Sinistra Unita non lo sono mai state).
In tempo di vacche magre ci si chiede come si possa avere ancora la faccia di continuare con lo stesso registro. A voler fare del facile populismo si potrebbe far notare che il gettito della nuova riforma fiscale dà un importo pari all’operazione immobiliare che il governo ha tentato. Ringraziamo gli anticorpi della maggioranza che credevamo in uno stato di totale immunodeficienza. Non possiamo nascondere d’aver provato, dopo molto tempo, una scossa di fiducia. Vigileremo affinché il respingimento dell’emendamento non diventi una vittoria di Pirro.
Perché si sa: gli affari trovano sempre una via. Sempre in riferimento alla legge di bilancio Sinistra Unita intende far sapere ai dipendenti delle poste, preoccupati per la trasformazione dell’Ente in società per azioni, che si adopererà in tutti i modi possibili per la difesa del loro lavoro e del servizio postale, che va considerato un grande bene collettivo.
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