Comincia tutto con puntuale ritardo. Mezz'ora canonica e copione rovesciato. Lo spettacolo stavolta chiude una cerimonia alla quale i 25.000 del Mersin olympic stadium si accostano senza un indirizzo preciso. Quindi con la mente libera o per lo meno buona per ogni pensiero. C'è un motivo per tutti per essere qui. Per la Grecia che attraverso lo sport dice al mondo di essere ancora aperta, per la Siria che è ancora viva, per l'Italia che sportivamente parlando e' ancora una superpotenza e affida la bandiera a quel cecchino sorridente di Jessica Rossi, oro olimpico e record del mondo ai Giochi di Londra, e romagnolissima. Lughese. Pochi chilometri da Ravenna dove vive Karim Gharbi che porta, fresco di oro in Lussemburgo, la bandiera di San Marino e una bellissima storia da cittadino del mondo fatta di tre passaporti e una testimonianza lucida e presente di come grazie allo sport potrebbe tutto essere un po' più facile di come la facciamo noi. E i turchi, metà in piedi ad applaudire e metà a fischiare il premier Erdogan perché c'è chi gradisce e ne vorrebbe ancora e chi avrebbe già dato. Proteste tollerate dalla polizia qualche chilometro fuori lo stadio, dentro comincia la festa. Una rievocazione con il mare nostrum al centro, culla della civiltà ma anche pretesto per giustificare qualche litigio o gli spiriti più o meno bollenti dei popoli che lo abitano. Ma mare che si lascia attraversare semplicemente inchiodando due assi. E lo sport lo ricorda qui quel mediterraneo che sempre deve essere opportunità, mai una scusa.
Roberto Chiesa
Roberto Chiesa
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