Serviva la giornata perfetta per sperare nel miracolo. Non arriva né l'una, nè l'altro. L'Olimpiade di Alessandra Perilli è tutta un 23 con 24 finale che non dà spazio a troppi rimpianti. Per l'Olimpo di Olimpia serve altro. Alessandra, che nulla deve dimostrare con una carriera infinita che luccica e parla per lei, è la prima a saperlo. E sorride serena. Se l'è giocata, facendo una gara superiore a punteggi che, beata lei, non è abituata a frequentare.
Non ha sparato male, qualche errore millimetrico sotto la canicola prima e nel vento poi. È lo sport che divide di pochi millimetri il trionfo dall'occasione mancata. E il Tiro a Volo in questo è ancora più sport. Qui il dettaglio non fa la differenza, fa la sostanza. Fa pentole e coperchi come nemmeno il diavolo riesce a fare. È tutta una ritualità, una metodologia che portano alla luce verde, al piattello che fuma o vola via con la bandiera rossa che si alza. Sembra semplice, ma è un tetris. E come fare a dire 116 e quindicesimo posto? Sembra il tranquillo anonimato, la zona di comfort che invece il campione e la campionessa rifiuta.
Mezza delusione, sì, caporetto no. Perché la fiamma è ancora accesa, Los Angeles è lontana ma non così lontana. C'è tempo, ma ci sono le premesse per un grande futuro. L'ennesimo grande futuro.