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La Fondazione Fellini ricorda il grande maestro riminese

14 nov 2008
Locandina
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Universalmente ritenuto uno dei capolavori della cinematografia, quando Fellini parlava de La dolce vita, diceva: “mi è rimasto addosso come un’ombra, è uno dei tanti film che ho girato ma non mi sono mai spiegato perché è diventato un fenomeno”.
E’ uno degli aneddoti raccontati da Sergio Zavoli, che ha aperto il simposio internazionale dedicato al film che ha reso Fellini immortale, ma anche al regista scomparso il 31 ottobre 1993. Una scomparsa “che - ha sottolineato la nipote Francesca Fabbri Fellini - nessuno in Italia ha ricordato, nemmeno la RAI”. “Un silenzio - ha proseguito Zavoli - dovuto alle scelte di una società ormai votata solo all’utile”.
Ma la figura di Federico Fellini, uomo e regista emerge con prepotenza nell’intervento del senatore riminese, che con arguzia ricorda le battaglie seguite all’uscita del film, alle critiche e alle richieste di censura urlate da più parti dalla stampa che incarnava il pensiero della borghesia italiana di allora. Il film uscì nel 1961.
E’ una valanga di ricordi e di citazione il discorso di Zavoli che, mentre sottolinea l’incapacità nostrana di comprendere un linguaggio così diverso e così nuovo, cita anche il commento di Oliver Stone: “Il bianco e nero del La dolce vita ha detto cose che i grandi film a colori di Hollywood non saranno mai in grado di dire”.
Toccante anche la testimonianza di Gianfranco Mingozzi, regista e allora assistente di Fellini, che ha rievocato il clima che si respirava sul set e mostrato, come una preziosa reliquia, il copione originale del film. Inaugurato anche il museo Fellini, accanto alla sede della Fondazione, contiene la biblioteca del maestro, i libri da ragazzo, quelli da adulto, i fumetti. Un viaggio nei suoi 200 volumi catalogati dopo la morte, anche se lui provocatoriamente diceva che era la vita a stimolarlo più dei libri.

Myriam Simoncini

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