La vita di Sakineh Mohammadi-Ashtiani è ancora una volta in bilico. La donna iraniana condannata nel 2006 alla lapidazione per adulterio e concorso in omicidio del marito, potrebbe essere giustiziata tramite impiccagione. Il suo caso – che aveva mobilitato il mondo occidentale – si riapre in modo drammatico. La sentenza, a seguito delle proteste di governi e organizzazioni per i diritti umani, era stata sospesa a luglio in attesa di un nuovo esame. Se colpevole, la sua condanna a morte sarà portata a termine. Gli esperti giuridici stanno valutando in che modo trasformare la pena in impiccagione. Il “caso Sakineh” aveva creato forti tensioni fra Teheran ed Eliseo, dopo la presa di posizione della Premier Dame Carla Bruni, schieratasi pubblicamente a favore della condannata. Inaccettabile, in un Iran estremista e poco tollerante, “l’ingerenza” occidentale. Nel paese dell'Ayatollah Khamenei, l’adulterio di una donna sposata si paga con la lapidazione. Per il giudice, non c’è alcuna fretta di applicare la pena. Il dossier d’accusa è di nuovo sotto esame della Corte, e se la colpevolezza di Sakineh dovesse essere confermata, si potrà valutare l’ipotesi di tramutare la condanna alla lapidazione, in impiccagione. Su questo punto l’ayatollah Sadegh Larijani ha chiesto l’opinione di altri giuristi religiosi.
Monica Fabbri
Monica Fabbri
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