Il Segretario di Stato Luca Beccari ha espresso “profonda preoccupazione”, per quanto sta accadendo sui campi di battaglia del Nagorno-Karabakh; e soprattutto per gli effetti del conflitto sulle vite delle popolazioni e dei civili. Ricordato allora il ruolo del Titano nella promozione del dialogo; e l'azione svolta in ambito multilaterale da organizzazioni quali l'OSCE, nonché il lavoro di mediazione promosso sotto l'egida dei Co-Presidenti del Gruppo di Minsk. “In un contesto dove il protrarsi del conflitto rimane un elemento storico rilevante – ha sottolineato il Segretario agli Esteri -, il rischio di un aggravarsi degli scontri è elemento di preoccupazione per tutti gli Stati”. Un messaggio che cade in un momento particolare: proprio oggi, infatti – dopo giorni di scontri sanguinosi nel sud del Caucaso -, si è iniziato a parlare di una possibilità di cessate il fuoco.
A Mosca sono infatti iniziati i colloqui tra i Ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian. Secondo l'Eliseo i due Paesi sarebbero pronti a una “tregua”, che potrebbe essere annunciata in serata, o domani. Un ottimismo, quello della Presidenza francese, che sembrerebbe trovare una qualche conferma nelle parole del Presidente azero Ilham Aliyev. “Stiamo dando all'Armenia una possibilità – ha detto - di risolvere il conflitto pacificamente”. Probabile, tuttavia, che Baku ponga condizioni severe, vista la situazione sul campo. Dal 27 settembre, quando si è riacceso il conflitto nell'area contesa, gli attacchi dei droni hanno sistematicamente colpito blindati, artiglierie e difese antiaree nella regione secessionista, provocando anche gravi perdite nella fanteria. Colpita duramente, poi, la stessa “capitale” dell'autoproclamata Repubblica dell'Artsakh, Stepanakert, con una fuga massiccia di abitanti. Yerevan lamenta anche il danneggiamento di una storica cattedrale nella città di Shusha. Una situazione alla lunga insostenibile per gli armeni, che potrebbero essere costretti a forti concessioni, al tavolo delle trattative.