Sequestro di beni a carico dell'imprenditore sammarinese Flavio Pelliccioni per 5 milioni di euro. Il provvedimento emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere eseguito questa mattina dalla Direzione Investigativa Antimafia di Napoli, insieme alla sezione operativa della DIA di Bologna.
Quote sociali di due imprese nella Perla Verde, il Beach Cafè e il Beach Paradise, ma anche una lussuosa villa a Rimini, nonché auto e moto, diversi rapporti finanziari, sequestrate dopo mesi di accertamenti patrimoniali – portati avanti tra agosto e novembre - sul 59enne e la sua famiglia. La DIA di Napoli ricostruisce le vicende giudiziarie – inchiesta nota sotto il nome “Il Principe e la scheda ballerina” - che portarono, nel 2011 all'arresto di Pelliccioni, per una ordinanza del GIP di Napoli che coinvolse in tutto 57 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo camorristico, estorsione, turbativa delle operazioni di voto mediante corruzioni e concussioni elettorali, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, riciclaggio e reimpiego di capitali di illecita provenienza, reati aggravati dalla finalità di aver agevolato il clan dei Casalesi.
Scarcerato dopo 4 mesi di detenzione, Pelliccioni venne prosciolto dal Gup di Napoli nel novembre 2012 dall'accusa di associazione camorristica e rinviato a giudizio per ipotesi minori, fra cui la truffa. Il provvedimento di prevenzione, che ha portato ai sequestri, è stato già impugnato proprio a seguito della decisione del GUP partenopeo - conferma il legale di Pelliccioni, Alessandro Petrillo - con una richiesta di annullamento sulla quale il tribunale di Santa Maria Capua Vetere dovrà esprimersi il prossimo 13 gennaio.
Quote sociali di due imprese nella Perla Verde, il Beach Cafè e il Beach Paradise, ma anche una lussuosa villa a Rimini, nonché auto e moto, diversi rapporti finanziari, sequestrate dopo mesi di accertamenti patrimoniali – portati avanti tra agosto e novembre - sul 59enne e la sua famiglia. La DIA di Napoli ricostruisce le vicende giudiziarie – inchiesta nota sotto il nome “Il Principe e la scheda ballerina” - che portarono, nel 2011 all'arresto di Pelliccioni, per una ordinanza del GIP di Napoli che coinvolse in tutto 57 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo camorristico, estorsione, turbativa delle operazioni di voto mediante corruzioni e concussioni elettorali, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, riciclaggio e reimpiego di capitali di illecita provenienza, reati aggravati dalla finalità di aver agevolato il clan dei Casalesi.
Scarcerato dopo 4 mesi di detenzione, Pelliccioni venne prosciolto dal Gup di Napoli nel novembre 2012 dall'accusa di associazione camorristica e rinviato a giudizio per ipotesi minori, fra cui la truffa. Il provvedimento di prevenzione, che ha portato ai sequestri, è stato già impugnato proprio a seguito della decisione del GUP partenopeo - conferma il legale di Pelliccioni, Alessandro Petrillo - con una richiesta di annullamento sulla quale il tribunale di Santa Maria Capua Vetere dovrà esprimersi il prossimo 13 gennaio.
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