È un processo con tanti nervi scoperti quello sul cosiddetto “racket delle badanti”, che oggi è entrato nel vivo con le prime testimonianze: per l'impatto sociale che fece seguito a quel sospetto che l'ombra del caporalato, nel 2018, potesse allungarsi sull'Ospedale di Stato, speculando sull'urgenza delle famiglie e sui bisogni dei più fragili, per l'avvio travagliato in fase inquirente, per legami con la politica che hanno portato le difese a chiedere le testimonianze anche di Segretari di Stato, “affinché determinati rapporti emergano in fase processuale”.
Figura centrale del procedimento una 50enne di origini russe: secondo gli inquirenti avrebbe imposto – con la complicità di una 51enne rumena - un sistema per la gestione clandestina del lavoro delle badanti. Il processo quindi dovrà provare l'esistenza di una organizzazione che gestiva il servizio di assistenza badanti in maniera sistematica, con intimidazioni e minacce; inducendo le assistenti non allineate a rinunciare ad incarichi.
Accuse che quanto meno dalla testimonianza di una donna ucraina, inizialmente vicina all'imputata di origine russa, non sarebbero emersi. La testimone ha detto di non avere mai dato né ricevuto soldi alla donna, di avere sempre ricevuto compenso dai pazienti che continuò a lavorare anche dopo avere rotto l'amicizia poiché chiamata direttamente dai familiari della persone da assistere. Le risposte a molte delle domande della difesa, che ha chiesto conto circa le dichiarazioni rese alla gendarmeria in due occasioni e poi al Commissario Morsiani, hanno spinto l'avvocato della principale imputata a chiedere la trasmissione degli atti al giudice inquirente, per reticenza da parte del teste. Nel pomeriggio ascoltati anche due gendarmi.
Stralciato il fascicolo che riguarda le 3 esponenti di un Comitato - sciolto, nel frattempo –, accusate di ingiuria e diffamazione, ormai prescritti, il processo sul cosiddetto caso badanti prosegue anche per la dipendente Iss di 57 anni che prima del presunto scandalo aveva un ruolo di coordinamento infermieristico che ha presentato atto formale di rinuncia alla prescrizione per il reato di interesse privato in atti d'ufficio, decisa ad uscire a testa alta da un processo che ha eco mediatica così potente.