Marco Sassatelli spiega i risultati dell'osservatorio sul lavoro frontaliero. In una serata che vede, a commento dei numeri, gli interventi del presidente Csir, Irmo Foglietta, del segretario Csdl Giuliano Tamagnini insieme al presidente Ires Emilia Romagna Giuliano Guietti e Giuseppe Augurusa della Cgil Naizonale frontalieri.
Al 30 giugno 2018 erano 5.850 su 17.452 lavoratori, contro i 5.312, su 16.859 del 2017.
Un incremento particolarmente marcato dovuto ad una ripresa dell’attività commerciale e dell’attività turistica.
Un frontalierato che incide per il 33,5% sull’intera forza lavoro in repubblica.
Sono soprattutto nel settore manifatturiero, più di 4 su dieci. In ogni caso più della metà nell'industria rispetto a commercio e turismo.
Sette su dieci arrivano dalla provincia di Rimini mentre la provincia di Pesaro-Urbino dona il 10,8% dei frontalieri e quella di Forlì-Cesena il 7,2%.
Sotto il profilo della cittadinanza sono per oltre il 90% italiani, il restante 10% è di cittadinanza soprattutto rumeni albanesi e ucraini.
Dopo l'introduzione di norme che consentono alle imprese di regolarizzare con contratto a tempo indeterminato per i lavoratori frontalieri già in organico nel 2017 dal 1 luglio 2018 c'è la possibilità di avere parità di trattamento fra lavoratori frontalieri e lavoratori residenti ai fini della legge 115/2017. In questo modo le imprese possono accedere agli incentivi previsti dalla legge anche assumendo lavoratori frontalieri.
La dimensione dei frontalieri evidenzia che il bacino di riferimento è in massima parte la provincia di Rimini: oltre il 72%. Fra gli altri territori la provincia di Pesaro-Urbino dona il 10,8% dei frontalieri e quella di Forlì-Cesena il 7,2%. Se consideriamo il peso della Repubblica sull’occupazione dei singoli territori, possiamo rilevare che il valore è del 1,5% per quanto riguarda la provincia di Rimini e appena lo 0,2% della provincia di Pesaro-Urbino.
L’impatto è invece più significativo se si considera la dimensione comunale. I territori di confine con lo stato di San Marino hanno un vantaggio piuttosto consistente derivante dalla dinamica occupazionale della sua economia. Il 6,6% dei lavoratori di San Leo è occupato a San Marino, il 4,7% di quelli di Verucchio, e una quota variabile dal 3% al 3,7% dei comuni del Montefeltro e di Coriano.
Fino al 2014 si era assistito ad una contrazione del numero di lavoratori frontalieri, che proprio in quell’anno avevano raggiunto il numero più basso (5.096 unità) della storia recente. Dal 2015 in poi si è avviato un processo di recupero di questa tipologia di forza lavoro, la cui dinamica ha iniziato a crescere in modo graduale, fino all’inizio del 2018 quando una crescita accelerata dei flussi occupazionali transfrontalieri ha visto la dimensione del numero dei lavoratori raggiungere un livello piuttosto vicino a quello del 2010 (5.850 contro 6.090).
Al 30 giugno 2018 erano 5.850 su 17.452 lavoratori, contro i 5.312, su 16.859 del 2017.
Un incremento particolarmente marcato dovuto ad una ripresa dell’attività commerciale e dell’attività turistica.
Un frontalierato che incide per il 33,5% sull’intera forza lavoro in repubblica.
Sono soprattutto nel settore manifatturiero, più di 4 su dieci. In ogni caso più della metà nell'industria rispetto a commercio e turismo.
Sette su dieci arrivano dalla provincia di Rimini mentre la provincia di Pesaro-Urbino dona il 10,8% dei frontalieri e quella di Forlì-Cesena il 7,2%.
Sotto il profilo della cittadinanza sono per oltre il 90% italiani, il restante 10% è di cittadinanza soprattutto rumeni albanesi e ucraini.
Dopo l'introduzione di norme che consentono alle imprese di regolarizzare con contratto a tempo indeterminato per i lavoratori frontalieri già in organico nel 2017 dal 1 luglio 2018 c'è la possibilità di avere parità di trattamento fra lavoratori frontalieri e lavoratori residenti ai fini della legge 115/2017. In questo modo le imprese possono accedere agli incentivi previsti dalla legge anche assumendo lavoratori frontalieri.
La dimensione dei frontalieri evidenzia che il bacino di riferimento è in massima parte la provincia di Rimini: oltre il 72%. Fra gli altri territori la provincia di Pesaro-Urbino dona il 10,8% dei frontalieri e quella di Forlì-Cesena il 7,2%. Se consideriamo il peso della Repubblica sull’occupazione dei singoli territori, possiamo rilevare che il valore è del 1,5% per quanto riguarda la provincia di Rimini e appena lo 0,2% della provincia di Pesaro-Urbino.
L’impatto è invece più significativo se si considera la dimensione comunale. I territori di confine con lo stato di San Marino hanno un vantaggio piuttosto consistente derivante dalla dinamica occupazionale della sua economia. Il 6,6% dei lavoratori di San Leo è occupato a San Marino, il 4,7% di quelli di Verucchio, e una quota variabile dal 3% al 3,7% dei comuni del Montefeltro e di Coriano.
Fino al 2014 si era assistito ad una contrazione del numero di lavoratori frontalieri, che proprio in quell’anno avevano raggiunto il numero più basso (5.096 unità) della storia recente. Dal 2015 in poi si è avviato un processo di recupero di questa tipologia di forza lavoro, la cui dinamica ha iniziato a crescere in modo graduale, fino all’inizio del 2018 quando una crescita accelerata dei flussi occupazionali transfrontalieri ha visto la dimensione del numero dei lavoratori raggiungere un livello piuttosto vicino a quello del 2010 (5.850 contro 6.090).
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