Si parla spessissimo degli italiani che lavorano a San Marino, ma pochissimo dei sammarinesi che lavorano in Italia: una sorta di frontalierato al contrario per i residenti in Repubblica, costretti ogni giorno a varcare il confine per lavoro. Dai dati ISS, sono 1.032. Un dato che ha stupito le organizzazioni sindacali: “Pensavamo fossero molto meno, non più di 5-600 – rileva Enzo Merlini, CSdL – evidentemente c’è stato un aumento negli ultimi tempi”. Il dato si evince in base ai sammarinesi che presentano all’ISS il modulo Ismar 5, che serve a compensare economicamente la spesa sostenuta dai due Stati in materia di assistenza sanitaria. Ma le condizioni dei sammarinesi che lavorano in Italia sono le stesse dei frontalieri italiani? La differenza maggiore sta nel trattamento fiscale: i sammarinesi pagano le tasse solo in Italia, e risiedendo a San Marino non hanno nulla da poter detrarre in Repubblica e abbassare così le aliquote. Essendo la tassazione italiana più alta di quella sammarinese, sono piuttosto penalizzati. Già dallo scorso luglio i sindacati avevano tirato fuori la questione, da quando cioè alcune aziende sammarinesi si erano trovate costrette a trasferire una sede in Italia: la prima fu la Difas, poi l’Alfalum: “La soluzione migliore – conclude Merlini – sarebbe quella di aiutare i sammarinesi costretti a lavorare fuori. La sovrattassa sui frontalieri italiani non va bene, ma non va bene nemmeno che chi da San Marino va in Italia sia lasciato a se stesso, senza alcun tipo di aiuto economico. Non facciamo a gara a chi tratta peggio i lavoratori.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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