Nel 2016 l'economia sommersa vale circa 210 miliardi di euro, pari al 12,4% del Pil. Il suo valore aggiunto ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro, quello connesso alle attività illegali a circa 18 miliardi. Lo rende noto l'Istat, precisando che si conferma la tendenza alla discesa dell'incidenza della componente non osservata dell'economia sul Pil dopo il picco del 2014.
L'economia non osservata, con un aumento dell'1,2%, mostra una dinamica più lenta rispetto al complesso del sistema produttivo (+2,3%). Di conseguenza, sottolinea l'Istituto di statistica, pur in presenza di un incremento di circa 2,5 miliardi di euro, l'incidenza sul complesso dell'attività economica si riduce di 0,2 punti percentuali. Tale flessione si aggiunge a quella già registrata nel 2015, portando la riduzione complessiva a 0,7 punti percentuali rispetto al picco del 2014. La composizione dell'economia non osservata registra, spiega l'Istat, variazioni limitate.
Nel 2016 la componente relativa alla sotto-dichiarazione pesa per il 45,5% del valore aggiunto (circa -0,6 punti percentuali rispetto al 2015), pari a circa 95 miliardi di euro. La restante parte è attribuibile per il 37,2% all'impiego di lavoro irregolare (37,3% nel 2015), pari circa a 78 miliardi; per l'8,8% (era 9,6% nel 2015) alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta), pari a circa 18 miliardi; infine, per l'8,6% alle attività illegali (in aumento dall'8,2% dell'anno precedente). Le altre attività dei servizi (33,3% nel 2016), il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (23,7%) e le costruzioni (22,7%) si confermano i comparti dove l'incidenza dell'economia sommersa è più elevata.
L'economia non osservata, con un aumento dell'1,2%, mostra una dinamica più lenta rispetto al complesso del sistema produttivo (+2,3%). Di conseguenza, sottolinea l'Istituto di statistica, pur in presenza di un incremento di circa 2,5 miliardi di euro, l'incidenza sul complesso dell'attività economica si riduce di 0,2 punti percentuali. Tale flessione si aggiunge a quella già registrata nel 2015, portando la riduzione complessiva a 0,7 punti percentuali rispetto al picco del 2014. La composizione dell'economia non osservata registra, spiega l'Istat, variazioni limitate.
Nel 2016 la componente relativa alla sotto-dichiarazione pesa per il 45,5% del valore aggiunto (circa -0,6 punti percentuali rispetto al 2015), pari a circa 95 miliardi di euro. La restante parte è attribuibile per il 37,2% all'impiego di lavoro irregolare (37,3% nel 2015), pari circa a 78 miliardi; per l'8,8% (era 9,6% nel 2015) alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta), pari a circa 18 miliardi; infine, per l'8,6% alle attività illegali (in aumento dall'8,2% dell'anno precedente). Le altre attività dei servizi (33,3% nel 2016), il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (23,7%) e le costruzioni (22,7%) si confermano i comparti dove l'incidenza dell'economia sommersa è più elevata.
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