Prima della doppia tassazione fiscale, i frontalieri pagavano le tasse solo a San Marino. Così come i sammarinesi che le pagavano solo in Italia, se era lì che lavoravano. Fu così istituita una quota capitaria da versare all’Inps, nel caso degli italiani, per compensare i costi dell’assistenza sanitaria ricevuta nel Paese di residenza. Ma dal 2003 le cose sono ben diverse, i frontalieri sono gravati da una doppia imposizione fiscale, in più, per un terzo di loro, continua ad esserci questa cifra forfettaria. Secondo i sindacati, perseverando nella logica della sovrattassa, San Marino corre un bel rischio, ossia che l’Italia voglia il versamento dell’intera quota capitaria, per tutti i frontalieri, non solo per un terzo. Conti alla mano, sarebbero almeno 20 milioni di euro. Il direttore dell’ISS Paolo Pasini non si scompone più di tanto poiché, spiega, il problema era noto ed anzi è stato sollevato durante l’incontro tecnico coi funzionari italiani lo scorso aprile: “E a verbale – dice Pasini – abbiamo messo nero su bianco il fatto che questa quota faceva riferimento ad un contesto contributivo fiscale asimmetrico, quando cioè il frontaliere era soggetto alle sole tasse sammarinesi, cosa che è profondamente cambiata. Oggi è totalmente anacronistico, bisognerebbe uscire dalla logica del forfait, trovare un’aliquota che soddisfi il pagamento delle prestazioni sanitarie che il lavoratore riceve nel suo paese di residenza”. Le basi tecniche per superare l’impasse dunque, sono già state gettate.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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