E’ tempo di primi bilanci per il settore turistico. Secondo uno studio di Confocommercio, cala il numero dei vacanzieri nelle località rinomate, resistono invece i centri minori. Brusca contrazione negli incassi dell’extralberghiero. Mare, montagna e città d’arte italiane non attirano più come prima, o meglio, stanno lentamente lasciando il passo ai centri turistici minori nelle preferenze dei vacanzieri. Lo rivela uno studio di Confcommercio. Una scelta probabilmente dettata dai prezzi più accessibili e da una maggiore tranquillità per chi vuole rilassarsi. Se consideriamo poi che alla vacanza rinunciano in molti e chi ci va fa attenzione a non spendere, sono davvero note dolenti per gli operatori del settore. Il calo del turismo su base tendenziale quest’anno si attesta al 2,04% e corrisponde a circa 7 milioni di presenze giornaliere in meno. Dalle prime stime dei fatturati, emerge un turismo più povero soprattutto nei servizi. A farne le spese, quindi, il settore extra-alberghiero: i turisti aprono il portafoglio più raramente e lo fanno con maggiore oculatezza. Bar, ristoranti e gelaterie si ritrovano a fare i conti con una brusca contrazione negli incassi. Insomma, consumi un tempo ritenuti indispensabili, diventano all’improvviso superflui. Gli esercenti prevedono a fine stagione una perdita di almeno un milione e 600 mila euro. Cifre preoccupanti, sintomo di una crisi irreversibile che investe da tempo il settore turistico-commerciale. Servono politiche economiche mirate e strategie di mercato vincenti – dicono gli addetti ai lavori - per risollevare le sorti di un comparto da sempre fiore all’occhiello dell’Italia.
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