Il messaggio natalizio di papa Francesco, pronunciato oggi dalla Loggia centrale di San Pietro – come accade solo durante l'elezione del pontefice, a Natale e a Pasqua -, è dedicato agli ultimi, lasciati ai margini nei numerosi conflitti, nelle crisi internazionali ed anche nelle vaccinazioni. E ancora la violenza sulle donne, l'inarrestabile dramma dei migranti e dei profughi, verso i quali non possiamo "girarci dall'altra parte".
"Dio-con-noi - invoca il Pontefice -, concedi salute ai malati e ispira tutte le persone di buona volontà a trovare le soluzioni più idonee per superare la crisi sanitaria e le sue conseguenze. Rendi i cuori generosi, per far giungere le cure necessarie, specialmente i vaccini, alle popolazioni più bisognose. Ricompensa tutti coloro che mostrano attenzione e dedizione nel prendersi cura dei familiari, degli ammalati e dei più deboli". "Conforta le vittime della violenza nei confronti delle donne che dilaga in questo tempo di pandemia", dice ancora Francesco, mentre è proprio l'onda lunga del Covid ad acuire anche le tensioni internazionali. "C'è il rischio di non voler dialogare - avverte il Papa -, il rischio che la crisi complessa induca a scegliere scorciatoie piuttosto che le strade più lunghe del dialogo". Invece "queste sole, in realtà, conducono alla soluzione dei conflitti e a benefici condivisi e duraturi".
Ecco quindi la necessità di pensare "al popolo siriano, che vive da oltre un decennio una guerra che ha provocato molte vittime e un numero incalcolabile di profughi". All'Iraq, "che fatica ancora a rialzarsi dopo un lungo conflitto". Al grido dei bambini dello Yemen, "dove un'immane tragedia, dimenticata da tutti, da anni si sta consumando in silenzio, provocando morti ogni giorno". Il papa non dimentica "le continue tensioni tra israeliani e palestinesi, che si trascinano senza soluzione, con sempre maggiori conseguenze sociali e politiche", la Terra Santa, il Libano. Pensa al popolo afghano, "che da oltre quarant'anni è messo a dura prova da conflitti che hanno spinto molti a lasciare il Paese". Ricorda il Myanmar, l'Ucraina, i conflitti in Africa, come quelli in Etiopia, nel Sahel, in Sudan e Sud Sudan. Richiama alla solidarietà, alla riconciliazione, al riconoscimento dei diritti nelle Americhe.
E supplica per un "ritorno a casa" dei prigionieri di guerra, civili e militari, e degli "incarcerati per ragioni politiche". E al mostrarsi "premurosi verso la nostra casa comune, anch'essa sofferente per l'incuria con cui spesso la trattiamo", con uno sprone alle "autorità politiche a trovare accordi efficaci perché le prossime generazioni possano vivere in un ambiente rispettoso della vita".
Infine la tradizionale Benedizione 'Urbi et Orbi', con inni nazionali e picchetti d'onore, e la formula dell'indulgenza plenaria introdotta dal cardinale protodiacono Renato Raffaele Martino.