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17° Congresso della Democrazia Cristiana

23 feb 2007
PDCS
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Il Segretario Menicucci anticipa alcuni passaggi della sua relazione, dai passaggi politici degli ultimi anni, all’attuale situazione sia politica che interna. La riconferma del ruolo ideale della Democrazia Cristiana al servizio del paese, il rapporto con gli altri partiti, e ancora il metodo, i valori, il rinnovamento e come si dovrà porre la DC in futuro anche alla luce della riforma elettorale. Menicucci si augura poi il rilancio di una forza fortemente radicata nel paese con 60 anni di storia e soprattutto coesa, e poi, inevitabilmente, finisce per replicare alle critiche degli autosospesi. Difficile trarre delle conclusioni su come sarà il congresso dal momento che deve ancora iniziare- è Jerome Cellarosi e lanciare la prima replica, abbiamo voglia di metterci a lavorare per una proposta alternativa – prosegue Claudio Podeschi che non rinuncia a tirare una frecciata alla maggioranza: “Questo congresso è l’unica speranza di risollevare il paese, dove 8 mesi di Governo non hanno prodotto altro se non il raddoppio delle tariffe”. Un Governo che sta in piedi solo con i nostri dissidenti, che accusa di disfattismo. Non hanno avuto il coraggio di credere in se stessi e presentarsi a Congresso come classe dirigente. Podeschi si dice convinto che nel Congresso di creeranno le condizioni per una stabilità politica. “ abbiamo fatto una analisi del partito cruda –prosegue Gabriele Gatti- ammesso gli errori fatti, anche in campagna elettorale, ma oggi il rilancio passa da tre direttrici: rinnovamento vero e credibile, legge elettorale e contenuti. Il risultato lo vedremo solo nei prossimi giorni. Chi pregiudizialmente non viene significa che ha fatto una scelta di comodo” sono discutibili le scissioni quando cadi in disgrazia”. “ più vicini alla gente e alle sue esigenze – dichiara Pasquale Valentini, che spera che coloro che avranno ruoli di responsabilità siamo il più possibile rappresentativi delle istanze del popolo. L’ultima frecciata è per Alleanza Popolare. “ non abbiamo bisogno che siano loro a insegnarci il rinnovamento, ce lo facciamo da soli” accennando poi alla lunga militanza politica di Fernando Bindi e Tito Masi.

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