Le tematiche del lavoro, la necessità di una riforma strutturale del suo mercato, delle modalità di ingresso, soprattutto dei giovani, e di reingresso nel mondo del lavoro, per coloro che –magari ultracinquantenni o donne con figli a carico- lo hanno perso e non riescono a trovarne di nuovo, le tematiche degli ammortizzatori sociali, e più in generale delle tutele in uscita, sono una priorità del programma di Bene Comune e sono un punto sul quale la maggioranza impegnerà strenuamente l'Esecutivo, al fine di proporre nel più breve tempo possibile, concreti progetti di intervento.
Questo è il messaggio che ci preme comunicare, nel modo più chiaro ed esplicito, a prescindere del dibattito che si è sviluppato in questi giorni, introdotto da una forza politica.
Vorremmo che i sammarinesi fossero pienamente informati su tutti gli aspetti in tema di lavoro e di tutele, per chi non trova o non ha più lavoro, e sull’ormai famoso “salario di cittadinanza”. Il tema richiede un confronto costruttivo e sereno fra le forze politiche e sociali di questo Paese e non un approccio, che potrebbe apparire più consono alle logiche della vecchia politica, interessata a piazzare per prima la propria bandierina.
A noi interessa che il nostro Paese si doti quanto prima di una normativa generale sul lavoro, moderna, efficace ed efficiente, dove siano previsti adeguati e anche innovativi strumenti, capaci di creare reali opportunità di lavoro – che comunque non possono essere realisticamente disgiunte dal rilancio della nostra economia - e che nessuno resti ai margini sociali ed escluso da appropriate tutele, che minano anche la dignità della persona.
In questo ambito, particolare attenzione dovrà essere dedicata agli strumenti di integrazione al reddito, già previsti dal nostro ordinamento, ed anche ad allargare la base, cioè le tutele e il numero di chi può accedere al salario di cittadinanza già previsto dall’articolo 27 della Legge n.73/2010.
Questo è stato l'intento che ci ha portato a redigere, durante il dibattito consiliare sulla Legge di Bilancio dello scorso dicembre, unitamente e concordemente al Consigliere Andrea Zafferani, un emendamento congiunto e specifico sul tema del lavoro e degli ammortizzatori sociali, in luogo di quello sul “salario di cittadinanza” predisposto da quest’ultimo e dalla sua forza politica.
Il Consigliere Zafferani in quella sede ha convenuto e concordato di sostituire alcune proposte del suo gruppo - ciò che oggi viene richiamato come "reddito di cittadinanza"- a favore della proposta congiunta, firmata, presentata, letta e votata a larghissima maggioranza dal Consiglio, da lui stesso e dalla sua parte politica.
Quella proposta era ed è ora l'articolo 55 della Legge di Bilancio, che dà al Governo un mandato preciso, sulla realizzazione di interventi in materia di ammortizzatori sociali, di nuove misure per incentivare l'occupazione, per facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e per rafforzare gli istituti della formazione, oltre che ad estendere le tutele dell’esistente istituto del salario di cittadinanza.
Perché dopo aver condiviso e votato quella proposta, ora il Consigliere Zafferani dice che è vana, se non inutile, che non sarà mai applicata? Perché quegli emendamenti del suo gruppo politico, allora ritirati, a favore del confronto, tornano fuori oggi, a neanche un mese di distanza, e, addirittura, come proposta di iniziativa popolare?
In aula consiliare sono stati evidenziati dalla maggioranza i limiti dell'intervento estemporaneo e settoriale proposto da civico 10: l'assoluta esclusione delle parti sociali; lo squilibrio nel modo di reperire i fondi; l'impossibilità di accertare con precisione i redditi su cui effettuare un ulteriore prelievo; l'abuso che dello strumento avrebbe potuto essere fatto, senza una adeguata previsione dei controlli e degli accertamenti sui redditi dichiarati: tutti rischi che solo una ponderata e complessiva riforma del mercato del lavoro può scongiurare.
Inoltre, qualsiasi intervento economico di integrazione al reddito per chi non ha lavoro e per chi ha terminato il godimento degli ammortizzatori sociali, dovrà essere sostenuto dalla fiscalità generale, ma non necessariamente attraverso un nuovo ed ulteriore prelievo fiscale, bensì in primo luogo, attraverso la razionalizzazione della spesa pubblica, tagliando risorse per spese non essenziali e produttive in questo particolare momento, da destinare a politiche di occupazione dei giovani disoccupati e di coloro che non riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro.
Questo è il messaggio che ci preme comunicare, nel modo più chiaro ed esplicito, a prescindere del dibattito che si è sviluppato in questi giorni, introdotto da una forza politica.
Vorremmo che i sammarinesi fossero pienamente informati su tutti gli aspetti in tema di lavoro e di tutele, per chi non trova o non ha più lavoro, e sull’ormai famoso “salario di cittadinanza”. Il tema richiede un confronto costruttivo e sereno fra le forze politiche e sociali di questo Paese e non un approccio, che potrebbe apparire più consono alle logiche della vecchia politica, interessata a piazzare per prima la propria bandierina.
A noi interessa che il nostro Paese si doti quanto prima di una normativa generale sul lavoro, moderna, efficace ed efficiente, dove siano previsti adeguati e anche innovativi strumenti, capaci di creare reali opportunità di lavoro – che comunque non possono essere realisticamente disgiunte dal rilancio della nostra economia - e che nessuno resti ai margini sociali ed escluso da appropriate tutele, che minano anche la dignità della persona.
In questo ambito, particolare attenzione dovrà essere dedicata agli strumenti di integrazione al reddito, già previsti dal nostro ordinamento, ed anche ad allargare la base, cioè le tutele e il numero di chi può accedere al salario di cittadinanza già previsto dall’articolo 27 della Legge n.73/2010.
Questo è stato l'intento che ci ha portato a redigere, durante il dibattito consiliare sulla Legge di Bilancio dello scorso dicembre, unitamente e concordemente al Consigliere Andrea Zafferani, un emendamento congiunto e specifico sul tema del lavoro e degli ammortizzatori sociali, in luogo di quello sul “salario di cittadinanza” predisposto da quest’ultimo e dalla sua forza politica.
Il Consigliere Zafferani in quella sede ha convenuto e concordato di sostituire alcune proposte del suo gruppo - ciò che oggi viene richiamato come "reddito di cittadinanza"- a favore della proposta congiunta, firmata, presentata, letta e votata a larghissima maggioranza dal Consiglio, da lui stesso e dalla sua parte politica.
Quella proposta era ed è ora l'articolo 55 della Legge di Bilancio, che dà al Governo un mandato preciso, sulla realizzazione di interventi in materia di ammortizzatori sociali, di nuove misure per incentivare l'occupazione, per facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e per rafforzare gli istituti della formazione, oltre che ad estendere le tutele dell’esistente istituto del salario di cittadinanza.
Perché dopo aver condiviso e votato quella proposta, ora il Consigliere Zafferani dice che è vana, se non inutile, che non sarà mai applicata? Perché quegli emendamenti del suo gruppo politico, allora ritirati, a favore del confronto, tornano fuori oggi, a neanche un mese di distanza, e, addirittura, come proposta di iniziativa popolare?
In aula consiliare sono stati evidenziati dalla maggioranza i limiti dell'intervento estemporaneo e settoriale proposto da civico 10: l'assoluta esclusione delle parti sociali; lo squilibrio nel modo di reperire i fondi; l'impossibilità di accertare con precisione i redditi su cui effettuare un ulteriore prelievo; l'abuso che dello strumento avrebbe potuto essere fatto, senza una adeguata previsione dei controlli e degli accertamenti sui redditi dichiarati: tutti rischi che solo una ponderata e complessiva riforma del mercato del lavoro può scongiurare.
Inoltre, qualsiasi intervento economico di integrazione al reddito per chi non ha lavoro e per chi ha terminato il godimento degli ammortizzatori sociali, dovrà essere sostenuto dalla fiscalità generale, ma non necessariamente attraverso un nuovo ed ulteriore prelievo fiscale, bensì in primo luogo, attraverso la razionalizzazione della spesa pubblica, tagliando risorse per spese non essenziali e produttive in questo particolare momento, da destinare a politiche di occupazione dei giovani disoccupati e di coloro che non riescono a reinserirsi nel mondo del lavoro.
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