Ci associamo con convinzione ai richiami alla storia di accoglienza della Repubblica, al ruolo riconosciuto internazionalmente nella promozione della pace nel mondo, al supporto verso chi soffre a causa delle guerre, ma anche e soprattutto alle critiche che il Segretario della seconda forza di Governo di questo Paese, Marina Lazzarini, ha voluto esprimere alla politica estera del Governo.
La decisione, nel 2012, di astenersi nella votazione all’ONU sul riconoscimento della Palestina è stato un errore madornale. La motivazione, spiegata confusamente al tempo con il fatto che la votazione fosse avvenuta in un periodo a cavallo fra un Governo e un altro (con gli stessi componenti, con l’aggiunta del PSD), non ha mai convinto.
Qualunque osservatore anche poco attento del conflitto israelo-palestinese è perfettamente conscio, dopo 60 anni di guerra, che l’unica soluzione percorribile è quella richiamata dalla frase “due popoli due Stati”. Anche gli Stati Uniti di Obama, seppur storicamente e culturalmente più vicini a Israele, hanno iniziato già da anni a identificare la soluzione di questo perenne conflitto nel riconoscimento reciproco.
Non lo abbiamo capito allora e continuiamo a non capire oggi, dato che anche la vicina Italia votò favorevolmente senza indugi, come mai la piccola Repubblica di San Marino non disse un SI convinto al riconoscimento da parte delle Nazioni Unite dello Stato Palestinese.
Ma come se non bastasse quella che riteniamo, a tutti gli effetti, una figuraccia internazionale incassata nel 2012, i nostri rappresentanti all’ONU hanno bissato pochi giorni fa, con l’astensione nella votazione per approvare l’esposizione delle bandiere di Palestina e Vaticano, neoeletti Stati osservatori-non membri, di fronte al Palazzo di vetro di New York.
Una decisione pavida, ancora una volta incomprensibile, ma che dimostra chiaramente come la votazione del 2012 non sia considerata dalla Segreteria agli affari esteri, appunto, un errore dovuto al caso. Oggi infatti c’è un Governo in carica che ha potuto prendere una decisione, e lo ha fatto in spregio all’Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Grande e Generale che impegnava appunto la Segreteria competente ad aprire i canali diplomatici con lo Stato Palestinese, nonché alla lettera inviata agli organi legislativi israeliano e palestinese in occasione dell’ultimo acuirsi del conflitto nell’estate del 2014.
Se il PSD non è d’accordo con questa interpretazione distorta della “neutralità” che gli Esteri stanno portando avanti già da diversi anni, non si limiti a qualche raro e inutile comunicato, ma si faccia sentire con forza all’interno del Congresso di Stato, dove sono presenti ben tre suoi rappresentanti.
Per quanto ci riguarda, il popolo palestinese ha lo stesso diritto all’autodeterminazione del popolo israeliano e in base a questa riflessione siamo completamente d’accordo con la stragrande maggioranza dei Paesi dell’ONU che ha riconosciuto come la via migliore per la risoluzione del conflitto sia quella dei “due popoli, due Stati”.
Cittadinanza Attiva
La decisione, nel 2012, di astenersi nella votazione all’ONU sul riconoscimento della Palestina è stato un errore madornale. La motivazione, spiegata confusamente al tempo con il fatto che la votazione fosse avvenuta in un periodo a cavallo fra un Governo e un altro (con gli stessi componenti, con l’aggiunta del PSD), non ha mai convinto.
Qualunque osservatore anche poco attento del conflitto israelo-palestinese è perfettamente conscio, dopo 60 anni di guerra, che l’unica soluzione percorribile è quella richiamata dalla frase “due popoli due Stati”. Anche gli Stati Uniti di Obama, seppur storicamente e culturalmente più vicini a Israele, hanno iniziato già da anni a identificare la soluzione di questo perenne conflitto nel riconoscimento reciproco.
Non lo abbiamo capito allora e continuiamo a non capire oggi, dato che anche la vicina Italia votò favorevolmente senza indugi, come mai la piccola Repubblica di San Marino non disse un SI convinto al riconoscimento da parte delle Nazioni Unite dello Stato Palestinese.
Ma come se non bastasse quella che riteniamo, a tutti gli effetti, una figuraccia internazionale incassata nel 2012, i nostri rappresentanti all’ONU hanno bissato pochi giorni fa, con l’astensione nella votazione per approvare l’esposizione delle bandiere di Palestina e Vaticano, neoeletti Stati osservatori-non membri, di fronte al Palazzo di vetro di New York.
Una decisione pavida, ancora una volta incomprensibile, ma che dimostra chiaramente come la votazione del 2012 non sia considerata dalla Segreteria agli affari esteri, appunto, un errore dovuto al caso. Oggi infatti c’è un Governo in carica che ha potuto prendere una decisione, e lo ha fatto in spregio all’Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Grande e Generale che impegnava appunto la Segreteria competente ad aprire i canali diplomatici con lo Stato Palestinese, nonché alla lettera inviata agli organi legislativi israeliano e palestinese in occasione dell’ultimo acuirsi del conflitto nell’estate del 2014.
Se il PSD non è d’accordo con questa interpretazione distorta della “neutralità” che gli Esteri stanno portando avanti già da diversi anni, non si limiti a qualche raro e inutile comunicato, ma si faccia sentire con forza all’interno del Congresso di Stato, dove sono presenti ben tre suoi rappresentanti.
Per quanto ci riguarda, il popolo palestinese ha lo stesso diritto all’autodeterminazione del popolo israeliano e in base a questa riflessione siamo completamente d’accordo con la stragrande maggioranza dei Paesi dell’ONU che ha riconosciuto come la via migliore per la risoluzione del conflitto sia quella dei “due popoli, due Stati”.
Cittadinanza Attiva
Riproduzione riservata ©