Il pensiero socialista nel nostro paese ha sempre rivendicato e difeso la sovranità nazionale quale fondamento della sovranità democratica; la cornice più favorevole per agevolare un processo di trasformazione dell’economia in senso, appunto, socialista. Oggi quindi, serve più che mai avvicinarsi all’Europa tutelando logiche e dinamiche federali autentiche, evitando di cadere preda del pensiero unico globalista che vuole mortificare gli Stati Nazionali.
Chi ha solo una vaga infarinatura di storia patria sa bene che storicamente a San Marino la sinistra, quella vera, quella che costituì una forza motrice fondamentale per lo sviluppo del nostro paese nei decenni successivi il secondo dopoguerra, ha sempre combattuto l’idea di una unione politica-economica sovranazionale. Si temeva che tale scelta avrebbe minato intimamente il carattere democratico dei processi decisionali, e reso subalterne le economie deboli rispetto a quelle forti: e così è stato; basti pensare al disgraziato esempio della Grecia ovvero all’egemonia della Germania. Va preso atto che la strada della sovranità democratica a livello europeo, contrariamente a quanto in molti hanno creduto in particolare dopo l'89’, è difficilmente praticabile, per profonde ragioni culturali, linguistiche e storiche.
Tuttavia, la sinistra sammarinese si è resa corresponsabile di una deriva nociva, è stata organicamente subalterna ai disegni della “grande finanza” (Sic!) internazionale, della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale; ha favorito e tollerato l’ingresso di personaggi noti alle cronache quali Grais, Savorelli, poi Confuorti, e così via, il passo successivo è stato quello di sottomettersi ai loro capricci. La conseguenza: un debito pubblico come quello odierno, e la sovranità di San Marino in serio pericolo.
Uno Stato forte, al contrario, dovrebbe essere capace di regolare autonomamente l’economia e la finanza dando chiari indirizzi politici senza subirli, sviluppare i settori strategici nell’interesse nazionale, redistribuire il reddito per realizzare giustizia sociale, tendere all’obiettivo della piena occupazione. L'unica strada per restituire valore sociale e politico al lavoro, è la rivitalizzazione della sovranità popolare e nazionale: significa puntare sull'attuazione dei principi costituzionali, sul loro spirito solidaristico ed orientamento socialista, essenziale per ricostruire sia le funzioni economiche e sociali dello Stato democratico, sia una rinnovata forma di economia mista.
È questa la strada per rilanciare la nostra vocazione industriale, governare il mercato e restituire ai cittadini, attraverso la politica, il potere di incidere sull'indirizzo generale del Paese. Per molti decenni, lo sviluppo economico ha seguito una strada diametralmente opposta a quella della sostenibilità. Si rischia di percorrere la strada di una crescita economica prevalentemente quantitativa, poco sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello socioeconomico.
Non ha più senso quindi l’orizzonte di una mera unione economica sovranazionale slegata dal sano sentimento patriottico dei singoli stati. Non ha più senso definire indirizzi economici dall’alto imponendoli ai paesi membri forzatamente, perché questo schema rende la democrazia un involucro vuoto.
Serve un Accordo che ha sicuramente tra i suoi obiettivi principali quello di rendere più fluido il libero scambio delle merci, ma dovrà al contempo saper elevare la persona su tutto il resto, rifiutandosi di sacrificarla sull’altare del “mercato senza regole” tanto caro ai neo-liberisti. Vogliamo una Europa che metta lo Stato Nazionale al centro e si preoccupi maggiormente dell’interesse della grandissima maggioranza della popolazione, i ceti popolari e le classi medie.
Ad ogni modo, non dobbiamo cadere nel facile errore di confondere l’identità nazionale con l’isolazionismo, essa rappresenta in realtà l’esatto opposto. Questo è il percorso di associazione all’Unione Europea che San Marino merita, ed è quello che Movimento Ideali Socialisti sosterrà con forza.
Ufficio Stampa MIS
Chi ha solo una vaga infarinatura di storia patria sa bene che storicamente a San Marino la sinistra, quella vera, quella che costituì una forza motrice fondamentale per lo sviluppo del nostro paese nei decenni successivi il secondo dopoguerra, ha sempre combattuto l’idea di una unione politica-economica sovranazionale. Si temeva che tale scelta avrebbe minato intimamente il carattere democratico dei processi decisionali, e reso subalterne le economie deboli rispetto a quelle forti: e così è stato; basti pensare al disgraziato esempio della Grecia ovvero all’egemonia della Germania. Va preso atto che la strada della sovranità democratica a livello europeo, contrariamente a quanto in molti hanno creduto in particolare dopo l'89’, è difficilmente praticabile, per profonde ragioni culturali, linguistiche e storiche.
Tuttavia, la sinistra sammarinese si è resa corresponsabile di una deriva nociva, è stata organicamente subalterna ai disegni della “grande finanza” (Sic!) internazionale, della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale; ha favorito e tollerato l’ingresso di personaggi noti alle cronache quali Grais, Savorelli, poi Confuorti, e così via, il passo successivo è stato quello di sottomettersi ai loro capricci. La conseguenza: un debito pubblico come quello odierno, e la sovranità di San Marino in serio pericolo.
Uno Stato forte, al contrario, dovrebbe essere capace di regolare autonomamente l’economia e la finanza dando chiari indirizzi politici senza subirli, sviluppare i settori strategici nell’interesse nazionale, redistribuire il reddito per realizzare giustizia sociale, tendere all’obiettivo della piena occupazione. L'unica strada per restituire valore sociale e politico al lavoro, è la rivitalizzazione della sovranità popolare e nazionale: significa puntare sull'attuazione dei principi costituzionali, sul loro spirito solidaristico ed orientamento socialista, essenziale per ricostruire sia le funzioni economiche e sociali dello Stato democratico, sia una rinnovata forma di economia mista.
È questa la strada per rilanciare la nostra vocazione industriale, governare il mercato e restituire ai cittadini, attraverso la politica, il potere di incidere sull'indirizzo generale del Paese. Per molti decenni, lo sviluppo economico ha seguito una strada diametralmente opposta a quella della sostenibilità. Si rischia di percorrere la strada di una crescita economica prevalentemente quantitativa, poco sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello socioeconomico.
Non ha più senso quindi l’orizzonte di una mera unione economica sovranazionale slegata dal sano sentimento patriottico dei singoli stati. Non ha più senso definire indirizzi economici dall’alto imponendoli ai paesi membri forzatamente, perché questo schema rende la democrazia un involucro vuoto.
Serve un Accordo che ha sicuramente tra i suoi obiettivi principali quello di rendere più fluido il libero scambio delle merci, ma dovrà al contempo saper elevare la persona su tutto il resto, rifiutandosi di sacrificarla sull’altare del “mercato senza regole” tanto caro ai neo-liberisti. Vogliamo una Europa che metta lo Stato Nazionale al centro e si preoccupi maggiormente dell’interesse della grandissima maggioranza della popolazione, i ceti popolari e le classi medie.
Ad ogni modo, non dobbiamo cadere nel facile errore di confondere l’identità nazionale con l’isolazionismo, essa rappresenta in realtà l’esatto opposto. Questo è il percorso di associazione all’Unione Europea che San Marino merita, ed è quello che Movimento Ideali Socialisti sosterrà con forza.
Ufficio Stampa MIS
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