“Invito tutti ad opporsi democraticamente all'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione spagnola”, ha dichiarato Carles Puidgemont. Alle sue spalle le bandiere della Catalogna e dell'UE. Quell'Unione Europea che tuttavia – anche oggi, tramite Juncker – ha ribadito la propria contrarietà ad ogni indipendentismo. In mancanza di appoggi internazionali, al Presidente destituito della Generalitat non resta – insomma – che fare appello alla disobbedienza civile. Il suo arresto, per sedizione e ribellione, è previsto per lunedì; in quell'occasione probabilmente i secessionisti tenteranno di impedire, alla polizia spagnola, l'accesso alle sedi delle Istituzioni. Quale possa essere la reazione non è dato saperlo. Un'incognita anche il comportamento della polizia regionale catalana. Madrid ha rimosso dall'incarico il comandante dei Mossos d'Esquadra, che – dal canto loro – hanno assicurato via twitter che continueranno “a lavorare normalmente”. Anche in questo caso una frase sibillina; ma se i Mossos rifiutassero davvero di sottoporsi all'autorità del Governo centrale, allora ogni scenario – anche il più fosco – potrebbe concretizzarsi. Il Premir Rajoy ha già assunto le funzioni e i poteri del presidente della Generalitat, e indetto elezioni per il 21 dicembre. Una tornata elettorale che – alla vigilia dello strappo del Parlamento catalano – sembrava l'unica via d'uscita alla crisi innescata dal referendum. Ma poi tutto è precipitato. Si entra ora in territori inesplorati, mentre a Madrid migliaia di persone scendono in piazza, per chiedere che venga difesa l'unità del Paese.
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