Qualche anno fa parlare di questi argomenti sarebbe apparso decisamente fuori luogo. Poi gli attacchi al gas nervino nella metropolitana di Tokyo, e soprattutto l’11 settembre, hanno cambiato tutto, togliendoci certezze, rendendoci in qualche modo nudi davanti al pericolo. Un attacco chimico su larga scala, da parte dei terroristi, appare ormai qualcosa più di una remota eventualità: è un rischio concreto e occorre essere pronti a prevenirlo o almeno a limitarne gli effetti. Si è discusso di questo durante il corso di formazione organizzato dal Centro Europeo per la Medicina delle Catastrofi, con la collaborazione di numerose istituzioni italiane tra le quali il centro antiveleni del Policlinico “Gemelli” di Roma. Un seminario rivolto principalmente al personale delle strutture sanitarie, durante il quale sono state illustrate nei dettagli le più avanzate tecniche di trattamento di pazienti contaminati da sostanze chimiche. 'Medici ed infermieri – è stato detto – devono sapere come comportarsi in situazioni critiche e conoscere al meglio le procedure di protezione individuale e decontaminazione'. Al corso erano presenti anche esponenti delle forze dell’ordine: nel malaugurato caso di un attacco – infatti – è necessario un perfetto coordinamento tra tossicologi, Vigili del Fuoco e Polizia.
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