Lo scandalo scoppiò nel 1993 e arrivò addirittura a lambire il Quirinale. Tutto ebbe inizio con l’indagine della magistratura romana sui fondi neri del Sisde. Si scoprì che 4 agenti – Antonio Galati, Maurizio Broccoletti, Gerardo di Pasquale e Michele Finocchi – avevano trasferito a San Marino, in conti correnti del Credito industriale sammarinese, 14 miliardi. Denaro che doveva essere utilizzato per operazioni sotto copertura e del quale invece i quattro avevano piena disponibilità. Gli ex dirigenti del Servizio segreto civile vennero scoperti e condannati in primo grado e nel 2000 in via definitiva dalla cassazione. 7 anni e 5 mesi per Di Pasquale, 7 anni e due mesi per Finocchi, 5 anni e 7 mesi a broccoletti e 5 anni e 5 mesi a Galati. Condannata a 26 mesi anche Rosa Maria Sorrentino, soprannominata la zarina: aveva avuto un ruolo marginale e collaborato con la giustizia. L’italia chiese la confisca minacciando anche imprecisati interventi diretti, così come è stato riferito in in aula dal Procuratore del Fisco. Ma quei soldi non sono mai tornati nelle casse dell’erario Italiano, perché gli ex agenti del sisde, ne hanno rivendicato la titolarità e attraverso azioni legali sono riusciti addirittura a dilazionare nel tempo la restituzione. Ieri un altro atto di questa intricata vicenda, con l’udienza del Collegio dei garanti, per il ricorso contro il decreto del Giudice D’appello Nobili che ha disposto la confisca. Per l’avvocatura dello stato italiano e per il procuratore del fisco il ricorso è inammissibile. La sentenza sarà resa nota entro il 4 marzo.
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