Comunque la si pensi è una giornata storica sia per il Regno Unito che per l'Europa: Europa a 27, a questo punto. Un terremoto la Brexit. Primissimo effetto le dimissioni di David Cameron: promotore della consultazione. “La volontà del popolo sarà rispettata” – ha assicurato. Le elezioni, a questo punto, sono previste per ottobre e il nuovo Premier dovrà guidare i negoziati con l'Unione Europea. Per la successione si fa già il nome del compagno di partito Boris Johnson: leader della campagna del “Leave”, insieme a Nigel Farage dello UKIP. Vittoria contro pronostico, nonostante l'ondata emotiva provocata dalla tragica vicenda della deputata laburista Jo Cox. Il “Remain” - pur imponendosi in Scozia, Irlanda del Nord e, in generale, nelle grandi città - si è fermato al 48,1%. Secondo alcuni analisti hanno prevalso i perdenti della globalizzazione: anziani, disoccupati, operai, i residenti delle zone rurali. Un voto che tuttavia, secondo lo storico corrispondente di Repubblica Bernardo Valli, potrebbe avere gravi conseguenze in primo luogo sul Regno Unito. Sotto shock cancellerie ed istituzioni europee, anche se – secondo Jean Claude Juncker – ciò che è avvenuto oltremanica non sarà l'inizio della fine dell'Unione. In grave sofferenza – come previsto – i listini del Vecchio Continente, che avevano scommesso sul “remain”; sterlina a picco sul dollaro, mentre la BCE fa sapere di essere già mobilitata in difesa dell'euro. L'economista Antonio Maria Rinaldi, euroscettico, invita tuttavia ad osservare cosa succederà nel medio periodo, sui mercati finanziari. E giudica questo referendum una vittoria della democrazia
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