Quando si parla della situazione delle aziende del settore avicolo, non è più adeguata la parola “crisi”: termine troppo riduttivo per descrivere il drammatico calo delle vendite causato dalla psicosi dell’influenza aviaria. I produttori chiedono interventi legislativi straordinari per sostenere il settore; si invoca addirittura lo stato di calamità. Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori potrebbe chiudere il 20% dei 6150 allevamenti italiani; 80.000 posti di lavoro sono a rischio. “Da settembre – fanno sapere dal Gruppo Amadori – abbiamo registrato una flessione delle vendite intorno al 30%, con picchi vicini al 40-50%; i prezzi dei vari prodotti sono scesi anche della metà e la situazione è ancora peggiore per quelle aziende che non possono vantare un marchio prestigioso come il nostro”. Secondo i vertici del gruppo cesenate, nelle ultime settimane ci sarebbero stati piccoli segnali di ripresa; ma è ancora troppo presto per avere una visione chiara della situazione, che, al momento, resta gravissima. Ripetere in continuazione che i prodotti italiani sono sicuri, che non c’è alcun pericolo a mangiare carne di pollo, non basta a rassicurare la gente, ormai è appurato. “Purtroppo – afferma l’addetto stampa della Amadori – la paura irrazionale è una caratteristica del consumatore italiano. Negli altri Paesi europei non si è verificato nulle di simile e le vendite sono scese al massimo del 20%, ma solo in quest’utlimo mese”.
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