Ordine e calma sono ormai solo un ricordo. Al Cairo si calcolano i costi di oltre due settimane di disordini: mentre Mubarak insiste per restare al potere fino a settembre, quando scade il suo mandato presidenziale, gli analisti di Credit Agricole stimano che la crisi stia costando al Paese 310 milioni di dollari al giorno. Dopo la protesta di ieri, una delle maggiori finora, anche questa mattina circa diecimila manifestanti si sono riuniti davanti alla sede dell’Assemblea del popolo e altrettanti davanti alla casa del premier Shafik. Sui disordini spunta lo spettro di al Qaeda che dall’Iraq ha lanciato un appello agli egiziani affinché rovescino il governo in una guerra santa, ma non si capisce quanta influenza possa avere il gruppo in Egitto, dove il locale movimento islamico ha rinunciato alla violenza e la richiesta di cambiamento viene da persone di diverso orientamento religioso. Dopo le rivolte del pane in Algeria, Tunisia ed Egitto, la protesta del mondo arabo potrebbe sconvolgere anche la Libia. Gheddafi sarebbe molto preoccupato per le manifestazioni convocate dalle opposizioni per il 17 febbraio.
Silvia Pelliccioni
Silvia Pelliccioni
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