L'Italia rastrellata dai controlli (sono stati più di 11mila da ottobre solo quelli dei Nas), scopre 2 nuovi casi di cigni malati in Puglia che fanno salire a 8 i casi certi di H5N1. Ma il paese, almeno a vedere i dati che arrivano dai mercati, è entrato di nuovo nel pieno della psicosi da aviaria: 8 persone su 10 non mangiano più il pollo, nonostante gli appelli. Eppure, come continuano a ripetere i virologi, le carni provenienti dagli allevamenti italiani sono controllate e sicure. L’aviaria, sebbene ancora a un livello poco minaccioso, ha già fatto delle vittime. Tra licenziamenti e cassa integrazione, sono già 30mila posti di lavoro persi e i danni del settore toccano i 600 milioni di euro. I numeri del distretto avicolo dell’Emilia Romagna parlano da soli: 650 aziende, 81 milioni di capi allevati, 12.800 unità occupate. Economicamente questo distretto “vale” circa 1,38 miliardi di euro, 160 milioni dei quali derivanti da indotto e servizi. Il prodotto interno lordo creato dalle aziende avicole romagnole incide sul PIL complessivo romagnolo per il 6,2%. E le notizie di queste ore, che confermano la presenza del virus in Germania, Austria, Romania, Slovenia e Azerbaijan, rischiano di dare il colpo definitivo all’unico settore zootecnico interamente italiano, autosufficiente al 106%.
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