Dopo giorni di imponenti manifestazioni, giovedì è arrivato un altro scossone al Governo rumeno: le dimissioni del ministro della giustizia, che aveva firmato il controverso decreto che depenalizzava i reati di corruzione il cui danno non superasse i 44.000 euro. L'obiettivo – aveva dichiarato il Primo Ministro Grindeanu – era alleggerire la situazione di sovraffollamento delle carceri; ma il provvedimento – da molti – è stato interpretato come un regalo ai politici sotto inchiesta, a cominciare da Liviu Dragnea, leader socialdemocratico. La prima testa a cadere, dopo l'inizio delle proteste di massa in Piazza della Vittoria, degenerate anche in atti di teppismo, era stata quella del ministro del commercio. Ma tutto ciò non è bastato a placare l'ira dei manifestanti, che dopo aver paralizzato per una settimana il centro di Bucarest, hanno ottenuto la revoca del decreto. A quel punto la piazza ha alzato l'asticella, chiedendo le dimissioni del Governo ed elezioni anticipate. Ipotesi subito respinta dal Premier, che tuttavia deve vedersela anche con il Presidente della Romania: il conservatore Iohannis, che simpatizza apertamente per la causa dei manifestanti. In questi ultimi giorni le proteste sembrerebbero essersi placate, ma il destino del nuovo Esecutivo continua ad essere appeso a un filo. Proprio ieri la Corte di cassazione ha respinto un ricorso presentato dal presidente del Senato, che potrà così essere processato per accuse di frode e falsa testimonianza.
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