Questa attività di cura deve essere riconosciuta e retribuita. Un anziano potrebbe dare uno stipendio a un figlio disoccupato, il quale avrebbe anche la possibilità di versare i contributi per raggiungere l’età pensionabile. Essere curati dai propri famigliari è il modo migliore per tutelare la dignità e la serenità degli anziani. È ora di rivedere le normative che impediscono questa possibilità
L'anno appena trascorso resterà nella storia per aver segnato il mondo intero, essendo iniziata una pandemia che si protrae col suo strascico di contagi e di lutti, con disagi che ognuno di noi ha vissuto. Sappiamo bene che ad essere più colpite sono le categorie più deboli, e tra queste gli anziani. Eppure i pensionati attivi sono i protagonisti di un welfare casalingo, utile alla società tutta; spesso diventano educatori sostituendo le scuole dell’infanzia e aiutando i genitori a far crescere i bambini. Ogni giorno con affetto, comprensione e pazienza svolgono un’attività che, pur essendo data per scontata, trasmette tanto: un vissuto di esperienze e saggezze importanti che non dovrebbero essere dimenticati. Dallo scorso anno la pandemia ha portato, oltre che ad una lunga sequenza di lutti, ad una situazione sociale paradossale, difficile da accettare soprattutto per chi, come i nonni, in fondo chiedono solo di svolgere il loro normale ruolo nella famiglia, confermando il vero significato di questa parola. Tutto questo comunque merita considerazione per individuare le soluzioni più efficaci in situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. In molte città gli anziani si sono organizzati in gruppi di lavoro tramite whatsapp, hanno dato vita a nuove esperienze di smart-working fino ad istituire delle linee già denominate “telenonni”. L’essere umano ha la facoltà di fronteggiare i problemi escogitando le strategie necessarie; ciò dimostra che abbiamo la capacità di ricercare espedienti per aiutare specialmente le persone non più attive o inabili, che necessitano più di chiunque altro la vicinanza dei propri famigliari, per sentirsi meno soli e abbandonati. Molti anziani accuditi da persone esterne alla famiglia incontrano gravi difficoltà e vivono profonde frustrazioni dovute alla differenza di cultura e di linguaggio, e spesso non riescono a fare capire i propri stati di animo. Ci siamo mai chiesti quanto soffrono nel vedersi accuditi da persone estranee, e quanto si sentano violate nel proprio pudore, insegnato loro fin dai tempi della giovinezza, quando il pudore esisteva ancora? Quanta dignità stiamo togliendo agli anziani, ritenendoli ormai un peso per la società! Perché non si vuole consentire ai famigliari che vorrebbero assistere per i propri cari anziani o malati di farlo anche professionalmente? Attività che deve essere riconosciuta e retribuita dallo stesso famigliare anziano, che anziché dare i soldi ad una persona esterna, darebbe uno stipendio ad esempio a un figlio disoccupato, il quale verserebbe i contributi per raggiungere degnamente l’età pensionabile. Questo, inoltre, agevolerebbe quelle persone non più giovanissime che perdono il lavoro e che non hanno maturato abbastanza contributi per arrivare alla pensione; periodo che spesso coincide con la necessità di assistenza per i familiari più anziani. Sarebbe indice di civiltà e buon senso, invece al colmo del paradosso restiamo impassibili di fronte ad un impoverimento senza precedenti delle famiglie che sono obbligate ad assumere badanti esterne nonostante ci siano famigliari che sono rimasti senza lavoro. A chi giova questo? Non nascondiamoci dietro alle normative, perché le normative in qualunque momento possono essere riviste.
Nerina Zafferani
Comitato Donne FUPS-CSdL