Sospesi da ormai quattro mesi, siamo trenta sanitari appartenenti a una categoria definita, durante la cosiddetta prima ondata, addirittura di eroi. Già allora abbiamo guardato con diffidenza a tale definizione, abbiamo fatto solo il nostro mestiere. Oggi avendo scelto di non vaccinarci siamo precipitati al rango di non persone alle quali infatti è possibile negare anche il diritto di svolgere la propria professione. E’ allora potuto accadere che nessuno abbia prestato orecchio alle nostre ragioni. C’è tra noi chi ha rifiutato il siero perché ha già sviluppato gli anticorpi, chi lo ha fatto per ragioni legate alle proprie condizioni di salute – ragioni che non sono state tenute nella benché minima considerazione - e chi ancora semplicemente è contrario a inocularsi un vaccino sperimentale. Essendo noi padri e madri di famiglia abbiamo dovuto accettare di fare lavori socialmente utili pur di portare a casa una indennità che in molti casi ammonta a non più di 500 euro. Il prezzo della nostra fedeltà alla dignità umana e alle nostre convinzioni è stato quello di dover rinunciare alla nostra professione che è missione ed anche il frutto di anni di duro studio e lavoro. Avremmo desiderato per la nostra dedizione non un premio ma l’opportunità di essere al lavoro per dare il nostro contributo – che in un piccolo Paese come San Marino fa realmente la differenza – per fronteggiare non solo la pandemia ma anche i gravi disservizi che certo non aiutano le persone a lasciarsi alle spalle un periodo duro per uscire dal quale serve anche e soprattutto vicinanza. Per essere al fianco dei più deboli e fare il nostro lavoro (senza far correre rischi a nessuno, considerato anche che sia i vaccinati che i non vaccinati possono contagiare) noi sanitari abbiamo più volte proposto di lavorare nel rispetto delle misure di sicurezza, indossando adeguatamente i DPI e sottoponendoci in buona fede a controlli periodici che dimostrassero con evidenza immediata la nostra condizione di salute, esibendo un test antigenico negativo ogni 48 ore a spese nostre, possibilità che pur citata dal medesimo decreto che ci ha sospeso, è stata puntualmente negata dai dirigenti ISS. Il clima è quello dove chi avanza un’obiezione non viene nemmeno considerato: il suo punto di vista non è discusso ma solo avversato. Ci preme dunque tornare ad avere voce in capitolo e che le nostre richieste siano oggetto di un pubblico dibattito. Non è possibile pensare che nostri concittadini siano indifferenti a un problema che a ben vedere riguarda tutti e che se non risolto danneggerà tutti.
c.s. Comitato Operatori per la libera scelta