Si è concluso l’iter processuale che vedeva tre persone e una società, la Jewit srl, a giudizio con le accuse di usurpazione di beni immateriali a danno di Marlù. “Prendiamo atto come l’interpretazione della fattispecie di reato contestata di “usurpazione di beni immateriali” punita dall’art. 202 c.p. che era stata sposata dal Giudice Inquirente e contestata a tre ex collaboratori di Marlù non sia stata condivisa dal Giudice decidente”, hanno dichiarato glia vvocati Stefano Pagliai e Monica Bernardi, legali della Marlù, a margine della udienza. Ribandendo come “in fase di indagine era emerso pacificamente il ricorso ai medesimi fornitori di Marlù cui venivano commissionati i medesimi identici prodotti di Marlù nonché il ricorso alle stesse strategie commerciali e promozionali con sottrazione, in blocco, del c.d. “know – how” aziendale nel suo complesso”. “Come riconosciuto anche nel corso del processo oggi concluso sono emerse condotte che lo stesso Giudice decidente ha ritenuto come riconducibili ad una “macro-manovra parassitaria – consistente nella replica clonazione delle strategie commerciali e di marketing di Marlù, e nell’infedele sfruttamento del network di fornitori” che tuttavia costituirebbe illecito di concorrenza sleale sanzionabile in sede civile”.”Marlù” conclude la nota dei legali, “non esiterà, visto quanto emerso, a procedere tempestivamente nelle dovute sedi per ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni ed il risarcimento dei danni subiti”. Mentre Marta Fabbri, responsabile della Corporate governance di Marlù, ha voluto sottolineare che “nonostante la sorpresa dell’esito del processo resta ferma la nostra piena fiducia nella giustizia e nei nostri legali. Siamo certi che in sede civile vedremo accolte le nostre ragioni. Forti della convinzione che Marlù ha dimostrato in tutti questi anni la sua grande forza imprenditoriale, fondata sull’innovazione, la responsabilità sociale e la sua corretta etica”
cs Marlù