Finanziavano la latitanza del boss Matteo Messina Denaro, sono finiti in 30 in manette, a Trapani: tutti esponenti del suo clan, fra i quali la sorella Patrizia, il nipote, e il suo cassiere di fiducia, l'imprenditore Giovanni Filardo. Nei guai anche Giuseppe Marino, figlio del presidente vicario della Corte d'Appello di Palermo. Avrebbe intascato mazzette per favorire una ditta nei lavori di ristrutturazione al carcere palermitano dell'Ucciardone. Sembra stringersi la rete attorno all'imprendibile capomafia condannato all'ergastolo per le stragi del '93: sulla figura di Matteo Messina Denaro anche la San Marino Rtv aveva dedicato un reportage, realizzato in Sicilia da Gianmarco Morosini, vincitore all'ultimo Premio Ilaria Alpi. Anche il ministro dell'Interno Alfano ha parlato di “passo avanti fondamentale” per arrivare a prendere il boss: “L'operazione – ha sottolineato il vicepremier – rientra nella strategia di isolamento di Denaro e di rescissione dei suoi canali di finanziamento”. Il blitz congiunto di Ros, Dia, Sco e Gico, coordinati dalla Procura distrettuale di Palermo, è scattato in piena notte contro le roccaforti dell'ultimo grande latitante di Cosa Nostra, a Castelvetrano: da almeno un anno, il procuratore aggiunto Teresa Principato e i sostituti Marzia Sabella e Paolo Guido preparavano il blitz, mettendo insieme tutti i tasselli raccolti durante le indagini sul latitante e sulla sua rete di protezione. “E' un decisivo passo in avanti – conferma il procuratore aggiunto Principato – perché sono stati colpiti i patrimoni dell'organizzazione, in particolare le aziende, la cassa comune”.
Riproduzione riservata ©