Una lettera anonima, recapitata nell'estate del 2020, anche alle sedi di PSD e Partito Socialista; e caratterizzata, pare, da pesanti accuse nei confronti di esponenti della lista NPR. Nel mirino pure Alessandro Mancini, all'epoca Capo di Stato. Dirompente l'effetto; in un periodo caratterizzato da un confronto duro sulla Giustizia.
Fase processuale risolta in una sola udienza. Alla sbarra – per offesa all'onore dei Capitani Reggenti e di persone investite di poteri pubblici – il sammarinese Moreno Benedettini. Fu lui, ripreso dalle telecamere, ad “imbucare” le missive a Serravalle. Ma a consegnargliele, dichiarò, fu Iro Belluzzi. Da qui l'imputazione anche per calunnia; perché la posizione di quest'ultimo venne rapidamente archiviata. Parte civile, dunque, questa mattina; insieme all'Eccellentissima Camera, all'ex Reggente Mancini e alla consigliera Denise Bronzetti, che subito denunciò l'accaduto. Davanti al Giudice Saldarelli ha ricordato i tentativi dell'imputato - suo collega di lavoro - di giustificarsi. Ma la sensazione – ha aggiunto – era che Benedettini conoscesse il merito delle missive; poiché le imbucò senza toccarle con le mani, facendole scivolare da un foglio o da una cartellina. Circostanza confermata dalla Gendarmeria.
Sentito anche il Perito, riguardo all'esame delle tracce di DNA sulle lettere; esame che non avrebbe tuttavia permesso di sciogliere il mistero sull'eventuale “mandante”. Belluzzi rifiutò di sottoporsi a test biologici, e sul punto, come prevedibile, ha insistito la Difesa, con domande incalzanti. L'attuale consigliere Indipendente di Libera ha dal canto suo parlato del timore che i reperti potessero essere inquinati, visto il quadro. Quindi una serie di amare considerazioni; come l'impressione che i compagni di partito non fossero contenti dell'archiviazione.
Ciclicamente, durante l'udienza, è emerso uno scenario di rapporti a volte difficili in seno ad NPR; da cui sarebbero poi fuoriusciti gli stessi Belluzzi e Bronzetti. Dal canto loro i legali dell'imputato, nell'arringa, hanno fra le altre cose insistito sulla carenza – a loro avviso – del quadro probatorio, sull'assenza di un movente. Ma dalle altre parti si è parlato più volte di contraddittorietà nelle dichiarazioni di Benedettini.
La Procura del Fisco ha chiesto una condanna ad un anno e 6 mesi; e con un certo rammarico ha osservato come il Tribunale – in questa vicenda – sia divenuto strumento inconsapevole di meccanismi di natura politica. Infine la sentenza: 10 mesi per l'imputato, pena sospesa. Risarcimento danni da liquidare in sede civile, al netto delle provvisionali indicate dal Commissario dalla Legge. Presente all'udienza anche il Segretario di Stato Pedini Amati: parte lesa in questa vicenda, pur senza costituirsi parte civile.