Dopo indiscrezioni circolate su alcuni media internazionali, ora la notizia è stata diffusa anche qui: gli Emirati Arabi hanno annunciato ufficialmente il ritiro militare, per ora parziale, dallo Yemen.
Il governo emiratino ha dichiarato che è in corso una redistribuzione delle proprie truppe "nel tentativo - ha specificato un alto funzionario - di passare da un piano basato sull'opzione militare, ad un piano concentrato sull'opzione negoziale e di pace". Le forze armate emiratine, secondo fonti militari, hanno dunque già lasciato la costa yemenita del Mar Rosso, rimanendo però presenti ed attive in funzione antiterroristica nel Sud del Paese, nel Golfo di Aden, altra zona strategica nella rotta del petrolio.
Su questa linea, proprio nei giorni scorsi, il Ministro degli Esteri e il Ministro di Stato per la Cooperazione Internazionale emiratini hanno incontrato ad Abu Dhabi l’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Martin Griffiths, per discutere in che modo proseguire il processo di pace e come sostenere le misure necessarie per attuare l'accordo di Stoccolma. Raggiunto lo scorso dicembre, i negoziati nella capitale svedese avevano portato ad un cessate il fuoco nell'area strategica del porto di Hodedia, tregua che però, negli ultimi mesi, soprattutto con la crescente tensione Iran-Usa, si è rivelata sempre più fragile.
Gli Emirati Arabi, dal 2015 parte della Coalizione sunnita guidata dall'Arabia Saudita schierata in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi, stanno quindi portando avanti, ormai con evidenza, una propria linea politica estera, prendendo sempre più le distanze dall'Arabia Saudita e dagli Stati Uniti.
Non solo in Yemen, ma anche sul fronte iraniano: mentre infatti Ryad e Washington continuano con accuse e provocazioni verso Tehran, dopo gli attacchi alle petroliere nello stretto di Hormuz delle scorse settimane, Abu Dhabi sembra salda nel sostenere una posizione più cauta e conciliante. Linea, quella emiratina, che potrebbe portare, in un momento tanto instabile per il Medio Oriente, ad una nuova divisione nell'asse dei Paesi sunniti.
La corrispondenza di Elisabetta Norzi