Quanto deciso al Palazzo di Vetro pare non aver minimamente inciso sulla determinazione dello Stato Ebraico a perseguire 'manu militari' i propri obiettivi a Gaza. La percezione di un crescente isolamento internazionale ne avrebbe piuttosto irrigidito la posizione. Come testimoniato dall'annunciato ritiro, da Doha, della propria delegazione. In realtà una parte di questa sarebbe rimasta in Qatar per negoziare, fa sapere Haaretz. Colloqui dunque ancora in corso; difficile, comunque, in questa fase, pensare ad una mediazione di successo. A Teheran oggi il capo dell'ufficio politico di Hamas; Haniyeh incontrerà fra gli altri il ministro degli Esteri iraniano. Benzina sul fuoco per Israele. Per il resto la fazione islamica resta ferma sulle proprie richieste: fra le quali il ritiro completo di Tsahal dalla Striscia. Ovvero quanto di più distante dalla realtà.
Ieri l'aviazione avrebbe colpito 60 obiettivi; mentre proseguono – fanno sapere i vertici delle IDF – le perlustrazioni nell'area dell'ospedale al-Shifa, e si estendono le operazioni di terra sul fronte di Khan Yunis. Resta disastrosa la situazione umanitaria nella Striscia; Hamas ha parlato dell'annegamento di 7 persone nel tentativo di recuperare aiuti paracadutati in mare. E crescono i timori di un'operazione su ampia scala su Rafah, dove è concentrato un numero abnorme di sfollati. In un colloquio con il Ministro della Difesa Gallant, il Segretario di Stato americano Blinken avrebbe insistito su opzioni alternative all'invasione; per assicurare la sicurezza di Israele tutelando al contempo i civili palestinesi.
Ma l'efficacia della moral suasion di Washington è ormai tutta da dimostrare, dopo l'astensione in Consiglio di Sicurezza ONU, che ha portato come è noto al via libera alla risoluzione sul cessate il fuoco. “Durevole”, e non “permanente”, come aveva proposto la Russia. Nel testo, poi, nessun riferimento esplicito ad Hamas; ma un generico stigma agli attacchi contro i civili e agli atti di terrorismo. Oltre alla richiesta di una liberazione “immediata ed incondizionata” degli ostaggi.
“Un fallimento sarebbe imperdonabile”, ha ammonito Guterres. Assai probabile tuttavia che la risoluzione – pur teoricamente vincolante – resti lettera morta; non sarebbe la prima volta. Dato politico oggettivamente rilevante, invece, l'apparente cambio di postura statunitense nei confronti dello storico alleato. Da registrare comunque come sia stato poi precisato che vi siano motivi che lascino pensare alla commissione di “atti di genocidio” da parte di Israele.