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Iran, record di condanne a morte nel 2023: è l'effetto Mahsa Amini

di Maria Letizia Camparsi
5 mar 2024

Mai così tante dal 2015. Unico anno, assieme al 2023, in cui si sono superate le 800 condanne a morte. Nell'anno da poco concluso, il regime degli ayatollah ha emesso il 43% di pene capitali in più rispetto al 2022. Dati che fotografano la repressione delle proteste scatenate dall'uccisione di Mahsa Amini. La 22 enne curda iraniana morì durante la custodia della polizia morale, che la fermò perché indossava il velo in “modo non regolare”. Al patibolo sono poi finite 834 persone: a denunciarlo è un nuovo rapporto delle Ong, che parla di una “cifra terribile ed estremamente allarmante”.

A questi numeri il regime iraniano risponde con il silenzio. E' uno dei Paesi con più esecuzioni, assieme a Cina e Arabia Saudita. Nel 2023 le impiccagioni, il metodo usato, riguardano almeno 22 donne: il dato più alto degli ultimi 10 anni. Mentre nel 2015 avevano trovato la morte così 972 persone. Nel rapporto di 100 pagine, Iran Human Rights accusa lo Stato islamista di utilizzare la pena di morte come “strumento di repressione politica”. In queste statistiche inoltre – sottolineano le Ong – non sono incluse almeno altre 551 persone uccise durante le manifestazioni o altre esecuzioni extragiudiziali dentro e fuori dalle carceri.






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