L’arresto del capo della Jihad Islamica in Cisgiordania, Bassam Al Saadi, e l’attacco dell’esercito israeliano alle basi militari dell’organizzazione, compresa l’eliminazione a Gaza del suo capo Taysir Al Jabari, del comandante Khalil Al Bahtini e di altri 15 ufficiali, è un “favore” all’Autorità Palestinese e un segnale all’Iran. La Jihad Islamica è il movimento finanziato da Teheran che si spartisce con Hamas le zone di influenza della Striscia di Gaza. Il Presidente iraniano Raisi aveva ricevuto pochi giorni fa il Segretario Generale dell’organizzazione jihadista, Zyad Al Nakhalah insieme a una folta delegazione, per stabilire le prossime mosse contro Israele. Attività che ormai vengono lanciate non solo da Gaza, perché la Jihad Islamica è riuscita a creare anche in Cisgiordania una rete di affiliati che hanno spinto l’Autorità Palestinese fuori dall’area di Jenin, per farne un proprio feudo da cui sono partiti molti degli ultimi attentati a firma jihadista. Il leader della Jihad Islamica, Zyad Al Nakhalah, ha subito risposto che Tel Aviv sarà il prossimo obiettivo dei loro missili, ma intanto su questa operazione il premier israeliano Lapid è riuscito a compattare perfino i leader della destra, che gli hanno offerto il loro pieno supporto. E non è escluso che la tempistica della campagna abbia anche qualche risvolto elettorale.
Massimo Caviglia