Nonostante la sorpresa suscitata in Israele, ma anche in Germania e in Ucraina, dalle parole del ministro degli Esteri russo, secondo il quale il Presidente Zelensky “abbia idee naziste benché ebreo, ma non significa nulla perché anche Hitler lo era, e i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”, quanto dichiarato da Lavrov non è altro che ripetere, in modo diverso, le accuse create ad arte nel 1903 dalla polizia zarista dell’Impero russo con i Protocolli dei savi di Sion, che puntavano a diffondere l’odio verso gli ebrei.
Le affermazioni di Lavrov sulle origini ebraiche di Hitler fanno parte di una teoria che risale invece al termine della Seconda Guerra mondiale, e ideata dal governatore della Polonia quando, prima di essere impiccato a Norimberga quale complice dei nazisti per la morte di milioni di ebrei, pubblicò le sue memorie in cui presentava questa tesi, più volte dimostrata falsa. Il premier israeliano Bennett ha subito dichiarato che “lo scopo di tali bugie è incolpare gli stessi ebrei dei crimini più terribili commessi contro di loro per liberare dalla responsabilità i loro oppressori”.
Il ministro degli Esteri Lapid ha definito le parole “oltraggiose e un errore storico: il livello più basso di razzismo contro gli ebrei è proprio quello di incolparli di antisemitismo”. E il direttore di Yad Vashem, il Museo delle Memoria di Gerusalemme, ha accusato Mosca di parole “diffamanti e degne di condanna: si prendono le vittime e le si trasforma in carnefici”. Che la falsa teoria sia stata ripresa da Lavrov dimostra ancora una volta l’uso strumentale e spudorato della menzogna a fini di propaganda, già evidente in molte circostanze della guerra contro l’Ucraina, per tentare di coprire e giustificare le atrocità che vengono commesse ogni giorno dall’esercito russo.
Massimo Caviglia