A margine dell’arresto in Iran delle 17 presunte spie che lavoravano per gli Stati Uniti (alcune delle quali sono state condannate a morte), durante l’incontro di oggi con l’ayatollah Khamenei i leader di Hamas hanno affermato che il movimento islamico è la prima linea di difesa dell'Iran, mentre la Guida Suprema iraniana ha dichiarato che grazie a Teheran i palestinesi hanno finalmente razzi di precisione con cui combattere. Sono oltre cinquemila i missili in mano ad Hamas a Gaza, che dispone anche di almeno ventimila colpi di mortaio e testate armate con centinaia di chili di esplosivo. Ma oltre a questa minaccia al sud, e a quella al nord dei duecentomila missili di Hezbollah, che si è detto pronto a scatenare la guerra al primo segnale dell’Iran, la nuova sfida di Teheran riguarda la provocazione di chiudere gli stretti di Hormuz e Bab al-Mandab. Israele sembrerebbe non essere coinvolto, almeno per quanto riguarda il petrolio, ma il 90% delle sue importazioni ed esportazioni vengono trasferite via mare, e una buona parte passa attraverso lo stretto di Bab al-Mandab, compreso tutto il commercio tra Israele e l'Oriente, in particolare la Cina per un importo di 15 miliardi di dollari l'anno. Se il trasporto marittimo attraverso questi due punti strategici si fermasse, l'economia israeliana avrebbe grosse difficoltà. Ma la marina israeliana è più preparata agli scontri navali che a proteggere le sue rotte commerciali, il cui pericolo maggiore è rappresentato dai missili lanciati da terra, trovandosi l’Iran a pochi chilometri dal punto in cui le navi sono obbligate a passare. Anche i ribelli Houthi potrebbero entrare in scena, specialmente a Bab al-Mandab tra lo Yemen e il Corno d'Africa, per sabotare e combattere a fianco dei pasdaran. L'area yemenita, specialmente in mare, è divenuta un terreno di prova perfetto per testare le armi iraniane. Così, mentre gli scenari cambiano rapidamente, gli analisti della sicurezza cercano altre risposte alle nuove minacce.
Il corrispondente,
Massimo Caviglia