
Mandalay, la seconda città del Myanmar, è forse la più devastata dal sisma. In atto una drammatica corsa contro il tempo – mentre si susseguono le scosse di assestamento - per salvare quante più persone possibile. Ma le vittime accertate si contano già a centinaia. Stando alle stime dell'istituto geosismico statunitense, vi sarebbe un 35% di possibilità che il numero dei morti oscilli fra le 10mila e le 100mila unità. Si tratterebbe di un bilancio paragonabile a quello di un conflitto regionale ad alta intensità. Compatibile anche il livello di distruzione. Almeno 3.000 gli edifici crollati; devastate strade e ponti. Si parla di costi forse superiori addirittura al PIL del Paese. Negli aeroporti ancora attivi l'arrivo di squadre di soccorso da vari Paesi: Cina, India, Russia. Annunciata assistenza anche da UE e Stati Uniti.
Mobilitate realtà italiane come il Cesvi; che aveva già squadre presenti in Myanmar, subito intervenute. Momenti di paura quando 6 operatori birmani erano stati dati per dispersi; sono stati poi ritrovati, registrato però un ferito. La fondazione sta ora lavorando per l'invio di tecnici. Che la situazione fosse catastrofica lo si era subito compreso, ieri, proprio dall'inusuale appello all'aiuto internazionale lanciato dalla giunta militare; che comunque non avrebbe rinunciato – a disastro in corso - a nuovi attacchi nelle zone dove sono attivi i ribelli. Cronica conflittualità che complica peraltro le ricerche nelle zone rurali e l'avvicinamento all'epicentro del terremoto.
Si rischia un'emergenza sanitaria – avvertono le ONG -, con ospedali al collasso e carenza di farmaci. Paura anche nella confinante Tailandia; dove ieri si era propagato il sisma facendo oscillare i palazzi. Lutti a Bangkok, dove era crollato un edificio di 30 piani in costruzione. Si continua a scavare, sperando di trovare qualcuno ancora in vita, fra i 110 dispersi stimati dalla CNN.