A poche ore dall’apertura della Conferenza economica guidata dagli Stati Uniti in Bahrein e dedicata al conflitto israelo-palestinese, sono sempre maggiori i dubbi che l’amministrazione Trump possa trovare una soluzione che metta fine alla guerra tra Israele e i Palestinesi. Innanzitutto perché sarà una conferenza cui non parteciperanno le due parti in causa. Il Primo ministro israeliano Netanyahu ha comunque affermato che “Israele ascolterà in modo aperto il piano di pace statunitense”, perché già precedentemente rassicurato dal Consigliere della Sicurezza americano Bolton, il quale aveva dichiarato che “Senza sicurezza non c’è pace”. La proposta americana promette ai palestinesi un futuro economico migliore grazie a investimenti per 50 miliardi di dollari, ma non ha preso in considerazione l’aspetto politico e la volontà di creare uno Stato indipendente. Quindi i leader palestinesi hanno subito bocciato la proposta, perché vista come una tangente per farli rinunciare alle aspirazioni nazionali in cambio di denaro. Ma forse anche perché i finanziamenti andrebbero direttamente ad alleviare la povertà della popolazione senza passare dai soliti dirigenti corrotti, criticati dalla stessa comunità palestinese. Se il piano per lo sviluppo economico venisse approvato, verrebbe avviato un progetto di benessere generalizzato, e non concentrato in pochissime mani: sarebbero tutti i palestinesi a giovarsene, e non solo i pochi capi di Hamas e Al Fatah. Questo piano di pace non ha quindi alcuna possibilità di riuscita, perciò in parallelo il vertice trilaterale che si tiene oggi a Gerusalemme tra i consiglieri per la sicurezza di Israele, Stati Uniti e Russia cercherà almeno di attenuare la situazione creatasi nell’area. Il caos in Siria, le tensioni nel Golfo Persico e altre questioni regionali saranno certamente in cima all'agenda.
Il corrispondente,
Massimo Caviglia