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Nonostante la pandemia, non si fermano i conflitti nel Golfo

La corrispondenza settimanale di Elisabetta Norzi

13 apr 2020

Nonostante l'appello delle Nazioni Unite ad interrompere i conflitti, durante la lotta globale contro l'epidemia di Coronavirus, gli Stati Uniti non hanno messo fine alle pressioni su Tehran. Ora Washington accusa il Governo iraniano di avere chiesto un allentamento delle sanzioni non per cercare di arginare l'epidemia, che nel Paese conta circa 70.000 contagi e oltre 4000 morti, ma per finanziare nuove operazioni terroristiche. Secondo la Casa Bianca, l’Iran starebbe infatti pianificando un attacco contro le forze militari statunitensi in Iraq. A nulla è valso, finora, nemmeno l'appello lanciato il 6 aprile da un gruppo di ex segretari generali della Nato, ex ministri statunitensi e di Federica Mogherini, ex capo della diplomazia europea che aveva negoziato l’accordo sul nucleare con l’Iran nel 2015, che invitano l'amministrazione Trump a cambiare atteggiamento, data la situazione drammatica che sta vivendo l'Iran.

“Superare le frontiere per salvare delle vite - si legge nel documento - è indispensabile per la nostra sicurezza, dunque è necessario andare oltre le divergenze politiche tra i governi”. Proprio l'Iran ha infatti il maggior numero di casi di contagi del Medio Oriente e del Nord Africa, è l'epicentro della pandemia in quest'area, dal quale il virus è poi arrivato sia nei Paesi del Golfo che in Afghanistan e in Iraq. Difficile la situazione anche in Yemen. Se la coalizione a guida saudita, della quale fanno parte anche gli Emirati Arabi, ha annunciato giovedì il cessate il fuoco per impedire la diffusione del Coronavirus – a detta dei ribelli sciiti già violato nel Nord del Paese -, sabato è stato segnalato il primo contagio. Proprio quando l'agenzia alimentare delle Nazioni Unite ha dichiarato di essere costretta a dimezzare gli aiuti nelle aree controllate dai ribelli sciiti, a causa della mancanza di fondi.

Non perdere di vista le popolazioni più vulnerabili, ha sottolineato l'organizzazione umanitaria Refugees International nel suo ultimo rapporto pubblicato in questi giorni, è un’azione internazionale necessaria in questo momento di pandemia. I governi - si legge - sono giustamente concentrati a proteggere la propria popolazione, ma la risposta al Covid-19 deve essere globale ed inclusiva, se vuole essere efficace: “ignoriamo i 70 milioni di sfollati nel mondo, inclusi rifugiati, richiedenti asilo e altri migranti forzati - sottolinea l'organizzazione - a nostro rischio e pericolo".

Da Dubai,
Elisabetta Norzi


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