In un momento storico caratterizzato, soprattutto in Occidente, dallo scontro religioso e da una battaglia culturale verso l'Islam, gli Emirati Arabi lanciano un segnale forte: Papa Francesco è stato invitato a partecipare all'Incontro Interreligioso Internazionale sulla "Fratellanza Umana", in programma ad Abu Dhabi dal 3 al 5 febbraio prossimi.
Dalla Santa Sede è arrivata subito la conferma: il Papa prenderà parte alla manifestazione, segnando così la prima volta di un Pontefice nel Paese.
I commenti, sui media e tra la gente, sono finora entusiasti. Lo Sceicco di Dubai ha sottolineato come la visita del Papa rafforzerà la comprensione reciproca e aiuterà a lavorare insieme per la pace tra le nazioni del mondo. Mentre il principe ereditario di Abu Dhabi ha tweettato il suo benvenuto al capo della Chiesa: "Papa Francesco è un simbolo di pace e tolleranza - ha scritto -. Attendiamo con ansia questa visita storica, attraverso la quale cercheremo il dialogo sulla coesistenza pacifica tra i popoli".
Negli Emirati Arabi c’è libertà di culto - nel 2015 lo Sceicco di Abu Dhabi ha emanato una legge per proteggere tutte le religioni contro l’odio, l’intolleranza e la discriminazione (legge 2/2015) - e ognuno può professare la propria fede, purché venga fatto con discrezione: è infatti illegale fare proselitismo e diffondere le idee di religioni differenti dall’Islam. E’ questo il motivo, ad esempio, per cui le chiese cattoliche, che quest'anno celebrano oltre 50 anni negli Emirati, non possono esporre il crocifisso all’esterno dei propri edifici.
La maggior parte della popolazione è musulmana sunnita ma, con 200 nazionalità rappresentate, sono seguite un po’ tutte le religioni: ci sono templi induisti, sikh, chiese cristiane di tutte le confessioni. Con un'unica eccezione: la sinagoga ebraica. Non ci sono infatti rapporti diplomatici tra Israele ed Emirati ed è l'unica fede non ammessa, o meglio che non si può dire di professare, anche se in realtà quest'anno è stata posta un'altra pietra miliare: per la prima volta, lo scorso ottobre, ad Abu Dhabi è stato suonato l'inno ebraico, durante i campionati di judo, e la Ministra israeliana dello Sport Miiri Regev, coperta dal velo islamico e commossa, ha visitato ufficialmente la Grande Moschea di Abu Dhabi. "Sono felice di aver avuto il privilegio di essere la prima figura israeliana di alto livello a firmare il libro degli ospiti nella moschea – ha detto – e l'ho fatto in ebraico, per dare un messaggio di speranza per la pace tra i popoli".
Elisabetta Norzi
Dalla Santa Sede è arrivata subito la conferma: il Papa prenderà parte alla manifestazione, segnando così la prima volta di un Pontefice nel Paese.
I commenti, sui media e tra la gente, sono finora entusiasti. Lo Sceicco di Dubai ha sottolineato come la visita del Papa rafforzerà la comprensione reciproca e aiuterà a lavorare insieme per la pace tra le nazioni del mondo. Mentre il principe ereditario di Abu Dhabi ha tweettato il suo benvenuto al capo della Chiesa: "Papa Francesco è un simbolo di pace e tolleranza - ha scritto -. Attendiamo con ansia questa visita storica, attraverso la quale cercheremo il dialogo sulla coesistenza pacifica tra i popoli".
Negli Emirati Arabi c’è libertà di culto - nel 2015 lo Sceicco di Abu Dhabi ha emanato una legge per proteggere tutte le religioni contro l’odio, l’intolleranza e la discriminazione (legge 2/2015) - e ognuno può professare la propria fede, purché venga fatto con discrezione: è infatti illegale fare proselitismo e diffondere le idee di religioni differenti dall’Islam. E’ questo il motivo, ad esempio, per cui le chiese cattoliche, che quest'anno celebrano oltre 50 anni negli Emirati, non possono esporre il crocifisso all’esterno dei propri edifici.
La maggior parte della popolazione è musulmana sunnita ma, con 200 nazionalità rappresentate, sono seguite un po’ tutte le religioni: ci sono templi induisti, sikh, chiese cristiane di tutte le confessioni. Con un'unica eccezione: la sinagoga ebraica. Non ci sono infatti rapporti diplomatici tra Israele ed Emirati ed è l'unica fede non ammessa, o meglio che non si può dire di professare, anche se in realtà quest'anno è stata posta un'altra pietra miliare: per la prima volta, lo scorso ottobre, ad Abu Dhabi è stato suonato l'inno ebraico, durante i campionati di judo, e la Ministra israeliana dello Sport Miiri Regev, coperta dal velo islamico e commossa, ha visitato ufficialmente la Grande Moschea di Abu Dhabi. "Sono felice di aver avuto il privilegio di essere la prima figura israeliana di alto livello a firmare il libro degli ospiti nella moschea – ha detto – e l'ho fatto in ebraico, per dare un messaggio di speranza per la pace tra i popoli".
Elisabetta Norzi
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