La guerra non si ferma. Sei lunghi mesi di combattimenti sul suolo ucraino dal giorno dell'invasione russa, all'alba del 24 febbraio. Le truppe di Putin pensavano che la capitale sarebbe caduta in pochi giorni, ma la resistenza ha tenuto. L'Armata ha preso Mariupol, Kherson e il Donbass, ma oggi, neppure la Crimea è più saldamente sotto il controllo russo. Ma secondo l'ambasciata Usa a Kiev, Mosca “nei prossimi giorni rafforzerà gli attacchi contro le infrastrutture civili e governative ucraine” e nel frattempo ha richiesto una riunione pubblica del Consiglio di Sicurezza Onu per discutere la situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Il presidente Zelensky, in occasione della Giornata della bandiera nazionale, ha assicurato che il vessillo tornerà a sventolare in ogni città occupata temporaneamente dalla Russia. Oggi è il giorno anche dei funerali a Mosca di Darya Dugina, a cui hanno partecipato centinaia di persone. La ragazza di 29 anni è stata uccisa la notte del 20 agosto con un'autobomba. Ma è probabile che il vero obiettivo fosse suo padre, Alexander Dugin, intellettuale ultranazionalista e uomo di fiducia di Putin. Per l'attentato gli 007 di Mosca incolpano i servizi segreti di Kiev, sostenendo che l'esecutrice materiale sia la cittadina ucraina Natalia Vovk, arrivata in Russia il 23 luglio e ora fuggita in Estonia. L'Ucraina nega e rilancia: “E' opera dei servizi russi, non nostra”. Sul fronte dell'altra guerra, quella del gas, buone notizie per l'Europa: Eni e Total hanno individuato un giacimento da 70 miliardi di metri cubi di gas al largo di Cipro, ma le infrastrutture di esportazione saranno pronte non prima di uno o due anni.