Anche gli Emirati Arabi, insieme all'Arabia Saudita e agli Stati Uniti, hanno accolto con favore il cessate il fuoco, cominciato proprio con il Ramadan, tra le parti in guerra in Yemen: da una parte i ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall'Iran, dall'altra il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, Rabbo Mansour Hadi, appoggiato dalla coalizione militare araba a guida saudita che dal 2015 è entrata nel conflitto. Secondo quanto reso noto dall'inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Hans Grundberg, le parti hanno accettato di fermare tutte le operazioni offensive militari, aeree, terrestri e marittime all’interno dello Yemen, per due mesi.
Hanno inoltre stabilito che navi di carburante possano entrare nel porto di Hodeidah e che voli commerciali possano operare di nuovo all’aeroporto della capitale, Sanaa, entrambe le città sotto il controllo dei ribelli sciiti. L'obiettivo della tregua, ha aggiunto Grunberg, è di dare alla popolazione una pausa dalla violenza, dopo otto anni di guerra, sollievo dalle sofferenze - quella yemenita, secondo l’Onu, è la peggior crisi umanitaria al mondo - e, soprattutto, aprire una strada verso la pace. E una nuova via sembra delinearsi: dopo mesi di recrudescenza negli scontri, che hanno visto missili Houti arrivare fino all'Arabia Saudita e, per la prima volta, anche qui negli Emirati Arabi, il presidente yemenita ha trasferito i propri poteri ad un Consiglio direttivo presidenziale.
Il nuovo organo, composto da membri di tutte le fazioni yemenite, è incaricato di porre fine al conflitto e riportare l'ordine nel Paese. Alla guida, Rashad Al-Alimi, che ha stretti legami con l'Arabia Saudita e le altre fazioni, incluso il potente partito Islah, ramo della Fratellanza Musulmana in Yemen. Una decisione che ha il chiaro intento di unificare il fronte anti-Houthi, dopo anni anche di lotte intestine tra i diversi gruppi politici, che hanno inasprito ulteriormente la guerra. E in attesa di capire se gli Houthi dialogheranno con il neo nato organo politico, e se la tregua questa volta reggerà davvero, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi hanno stanziato 3 miliardi di dollari per sostenere l’economia devastata del Paese, hanno chiesto all'Onu una conferenza internazionale e hanno invitato il Consiglio ad avviare immediatamente negoziati con i ribelli sciiti.