Il primo fatto politico del voto sulla finanziaria sta nell’esito, che registra tre voti in più dei 30 su cui contava la maggioranza. Difficile dire a chi possano appartenere. È un quesito che rimbalza nei corridoi del Palazzo. Ma a tenere banco è il duro scontro fra i due big della politica. Si è consumato nella nottata, in aula consiliare e nella seduta di oggi ha registrato gli strascichi, con la consegna di lettere e controlettere. L’uno contro l’altro il Segretario di stato all’industria, Tito masi, e il Capogruppo Dc, Gabriele Gatti. Tutto prende le mosse dalle accuse democristiane di un mancato riferimento sui recenti colloqui a Palazzo Chigi contestando al Governo di non aver parlato con Prodi di monitoraggio fiscale. Non ci sta Tito Masi, che di quella delegazione faceva parte, e punta il dito su Gatti, contestando la sua gestione della politica estera e citando accordi firmati e non rispettati, “non sottoposti –aggiunge- a ratifica o portati a conoscenza del Consiglio grande e generale, anche se contengono impegni particolarmente gravosi e vincolanti e rinunce significative in termini di sovranità della Repubblica”. Gatti si inalbera e replica con parole di fuoco definendo le accuse “disoneste e non corrette”. Il Segretario all’industria in mattinata distribuisce un plico di 13 fogli, con copie di lettere e documenti contestati, trattati, rapporti finanziari e valutari sottoscritti da Gatti tra il 1991 e il 2000, anche la lettera firmata durante l’assedio della Guardia di finanza del ’97. “Nell’incontro con Visco della scorsa settimana – ha dichiarato Masi - è emerso che San Marino non ha assolto gli impegni assunti dai governi precedenti e i problemi non sono ancora superati”. Nel primo pomeriggio gatti consegna ai consiglieri una lettera di risposta in cui viene preso in esame ogni documento messo sotto accusa. “Invece di rispondere - scrive il Capogruppo Pdcs - il Segretario Masi ha perso le staffe e si è lasciato andare ad affermazioni lesive degli stessi interessi della nostra Repubblica. L’articolo 7 dell’Accordo valutario del ’91 –precisa- non è lesivo dei nostri interessi, ma rispettoso della nostra sovranità”. Così come nella lettera inviata all’Osce nel 2000, l’ex Segretario per gli esteri non vede “quali critiche si possano sollevare contro un impegno di lotta contro la concorrenza fiscale dannosa nei modi stabiliti dalla nostra normativa”. Tornando alla finanziaria: 33 i voti a favore, 23 quelli contrari. Respinti dall’aula tutti gli emendamenti presentati, anche se il Segretario di stato alle finanze, Stefano Macina, ha assicurato la volontà di aprire il confronto con le forze politiche sui temi sollecitati. Fra questi anche la riduzione della monofase, dal 19 al 15%. “Non subito – ha detto il governo - occorre inquadrarla in una più ampia riforma fiscale”. Poi l’apertura di un altro dibattito atteso e acceso: quello sulla legge che istituisce l’Ente di stato dei giochi. 26 gli iscritti a parlare prima dell’esame dei singoli articoli.
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