Dopo 55 anni cambiano le regole del mondo sindacale: con 29 voti a favore e 17 contrari passa la Legge sulla Rappresentatività. Sono stati giorni intensi, di confronto animato, con contrasti e riserve trasversali che hanno mischiato le carte in Aula. Sul principio del silenzio assenso per la quota di servizio ai sindacati, ad esempio, Ap e Ns non hanno nascosto la loro contrarietà, a fianco della minoranza. Così come Sinistra Unita ha preso le distanze dall'alleato Civico 10 votando con la maggioranza. Nei tre giorni di dibattito abbiamo imparato a conoscere il terreno di scontro: da una parte c'è chi accusa la legge di mettere a rischio pluralismo e democrazia, favorendo i grandi, dall'altra c'è chi difende l'esigenza di regole più chiare per chi investe in territorio. Ma se da una parte la maggioranza e soprattutto il Psd, sono convinti che con il dovuto sforzo si riusciranno a ricomporre le fratture del passato, dall'altra Upr, Civico 10, Rete e gli indipendenti temono al contrario gravi conseguenze sul tessuto sociale e un'ulteriore spaccatura nel paese. Uno dei punti più dibattuti è infatti che la legge favorisca le grandi aziende, quelle con più dipendenti, tagliando fuori dal tavolo delle trattative tutte le piccole imprese che rappresentano l'ossatura dell'economia sammarinese. Realtà – è stato detto – con proprie esigenze e con una occupazione femminile più alta. D'altro canto a sostenere l'impostazione della norma è stata la stessa organizzazione internazionale del lavoro. Insomma, due visioni si scontrano e riflettono la battaglia che si sta consumando fuori da Palazzo, con lo Ius che batte i pugni e l'Usl che vede ridimensionato il suo ruolo. Per quanto riguarda i sindacati, infatti, la maggior rappresentatività taglia le gambe all'Unione Lavoratori che ha dieci anni per adeguarsi. Dovrà anche richiedere per legge una quota ai suoi iscritti, altra questione che aveva sollevato l'obiezione di gran parte della minoranza, convinta sia sbagliato interferire con la libera concorrenza entrando nelle strategie sindacali. Dal canto suo Iro Belluzzi è soddisfatto: era una legge necessaria, che andava fatta, che regolamenta un settore che ha dato spazio a dissidi e barricate, conferma principi come l'erga omnes, mette nero su bianco dati certi per la rappresentatività, evitando in caso di controversie il ricorso all'autorità giudiziaria.
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