Si scavano trincee lungo la linea di contatto. Sempre più improbabili, con il terreno ormai ridotto ad un pantano, manovre offensive di ampia portata. Il ritiro russo dalla testa di ponte di Kherson poteva essere allora il preludio dell'apertura di una finestra negoziale. Ma Kiev in questa fase sembra non accettare compromessi, ribadendo piuttosto la propria legittima volontà di cacciare l'invasore. Si torna dunque alla guerra di logoramento. Combattimenti feroci nel Donbass, dove le forze del Cremlino tentano di avanzare nelle aree fortificate a sud-ovest di Donetsk, e sulla linea Bakhmut-Soledar. Mentre si susseguono notizie di concentramenti di truppe ucraine nella oblast di Zaporizhzhia. Pare si voglia tentare un'ultima grande offensiva, prima dell'arrivo dell'inverno, per tagliare il “corridoio terrestre” russo verso la Crimea. La ripresa dei cannoneggiamenti sulla centrale nucleare di Energodar è interpretata da alcuni come un segnale. Kiev continua ad invocare la smilitarizzazione del sito; inaccettabile per Mosca, che teme fra le altre cose un'operazione anfibia sul Dnipro. Sulla responsabilità degli attacchi – con esiti potenzialmente catastrofici – il consueto rimpallo di accuse. Anche se pare debole, da un punto di vista logico, la tesi dell'”autobombardamento” russo, sostenuta dalle autorità ucraine. L'AIEA dal canto suo continua a non esprimersi, irritando il Cremlino. Drammatica intanto la situazione dei civili; a partire da quelli rimasti nella aree liberate di Kherson, ancora senza acqua ed elettricità. In tutto il Paese, del resto, sono innumerevoli le interruzioni di servizi essenziali. Effetto voluto della campagna russa di demolizione delle infrastrutture critiche. Situazione aggravata dalle prime nevicate, anche nella Capitale. Con le reti energetiche e sanitarie al collasso, l'arrivo dell'inverno, avverte l'OMS, “mette a rischio la vita di milioni di persone”.