Un valore aggiunto per San Marino. Gestire le proprie dogane darebbe più peso e nuove opportunità al Paese. Ne è convinta la Segreteria di Stato per le Finanze: allo studio infatti un piano per riconquistare tale diritto, finora gestito dall’Italia per ragioni tecniche, ma ormai superate. Sulla base della convenzione di amicizia e buon vicinato con l'Italia del ’39, San Marino era considerato facente parte del territorio doganale italiano. E così si è andati avanti per anni, finché nel ‘91 la Repubblica ha siglato un accordo interinale con l’allora CEE che ha rivisto i rapporti in fatto di dogane tra San Marino e Italia, passando ad un regime di unione doganale con la stessa Comunità europea. Accordo poi aggiornato nel 2002 con l’entrata in vigore dell’euro. Ad oggi è l’ultima intesa cui fare riferimento.
Il Titano vive di fatto una situazione ibrida: è in unione doganale con l’Europa ma ha facoltà di affidarne la gestione ad altre dogane europee, come ad esempio l’Italia. Ciò comporta la riscossione di una parte sola dei dazi perché l’altra spetta ai Paesi che forniscono il servizio in nostra vece. Se ci si affrancasse con una propria dogana, si avrebbero innanzitutto vantaggi fiscali, potendo contare sulla riscossione di tutti i dazi, oltre ad un maggiore controllo delle merci in base alle proprie leggi, pur sempre nel rispetto del codice doganale comunitario. Va sottolineato infatti che ogni Paese in ambito doganale si gestisce in base a normative proprie. E per San Marino il transito delle merci alla dogana italiana potrebbe generare problemi operativi nonché di conflitto normativo. Gli operatori economici sammarinesi pagherebbero in ogni caso gli stessi dazi, ma senza interfacciarsi con un Paese che non è il loro. I vantaggi sono pertanto significativi, ma tutto ovviamente va studiato e concordato con Bruxelles.
Prosegue intanto il censimento dei principali importatori ed esportatori sammarinesi, per munirli del codice EORI, volto a velocizzare le procedure doganali, e la cui mancanza a inizio mese aveva creato qualche disagio. Circa 200 quelli già operativi, 150 dei quali alla dogana di Rimini.
Silvia Pelliccioni
Il Titano vive di fatto una situazione ibrida: è in unione doganale con l’Europa ma ha facoltà di affidarne la gestione ad altre dogane europee, come ad esempio l’Italia. Ciò comporta la riscossione di una parte sola dei dazi perché l’altra spetta ai Paesi che forniscono il servizio in nostra vece. Se ci si affrancasse con una propria dogana, si avrebbero innanzitutto vantaggi fiscali, potendo contare sulla riscossione di tutti i dazi, oltre ad un maggiore controllo delle merci in base alle proprie leggi, pur sempre nel rispetto del codice doganale comunitario. Va sottolineato infatti che ogni Paese in ambito doganale si gestisce in base a normative proprie. E per San Marino il transito delle merci alla dogana italiana potrebbe generare problemi operativi nonché di conflitto normativo. Gli operatori economici sammarinesi pagherebbero in ogni caso gli stessi dazi, ma senza interfacciarsi con un Paese che non è il loro. I vantaggi sono pertanto significativi, ma tutto ovviamente va studiato e concordato con Bruxelles.
Prosegue intanto il censimento dei principali importatori ed esportatori sammarinesi, per munirli del codice EORI, volto a velocizzare le procedure doganali, e la cui mancanza a inizio mese aveva creato qualche disagio. Circa 200 quelli già operativi, 150 dei quali alla dogana di Rimini.
Silvia Pelliccioni
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