Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Forlì, hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro di 230 mila euro. Il provvedimento del Gip del Tribunale di Forlì su richiesta della Procura, è stato emesso nei confronti di un imprenditore di nazionalità cinese, indagato del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti per oltre 1,3 milioni di euro.
I Finanzieri di Cesenatico hanno accertato, in particolare, che l’imprenditore, attivo nel settore della fabbricazione/lavorazione di parti di calzature, per abbattere il reddito e, quindi, pagare meno tasse, aveva utilizzato fatture false emesse da un’altra impresa riconducibile ad un proprio connazionale residente nella provincia di Torino, che fa il cameriere.
L’articolata attività di riscontro, che ha coinvolto diversi Reparti del Corpo, ha consentito alle Fiamme Gialle di delineare i contorni del sistema di frode. La ditta fornitrice, in realtà, era una vera e propria «cartiera» costituita ad hoc per produrre fatture fittizie. Nell’ambito dei minuziosi controlli, i militari hanno appurato, infatti, che oltre a non aver sostenuto alcun costo d’impresa, quest’ultima azienda non disponeva neanche di beni strumentali tali da poter generare un fatturato così elevato.
Nel corso della verifica fiscale, i Finanzieri hanno, inoltre, constatato che la ditta ispezionata - oltre ad aver detratto illecitamente l’IVA per un importo pari a quello che è stato poi oggetto di sequestro - aveva anche dedotto irregolarmente dal reddito altre spese per oltre 1,1 milioni di euro, così conseguendo ulteriori indebiti risparmi d’imposta. L’operazione di servizio condotta testimonia l’impegno quotidiano della Guardia di Finanza nell’azione di prevenzione e repressione dei reati economico-finanziari, che trova nell’aggressione patrimoniale la forma più incisiva di contrasto dei connessi arricchimenti illeciti. L’evasione fiscale, infatti, costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico perché distorce la concorrenza e l’allocazione delle risorse, mina il rapporto di fiducia tra cittadini e Stato e penalizza l’equità, sottraendo spazi di intervento a favore delle fasce sociali più deboli.