La Sentenza del Collegio dei Garanti, relativamente al ricorso di incostituzionalità sul taglio del 5% aggiuntivo ai precari della PA, presentato dai Consiglieri di Opposizione, ha sancito che la norma non va contro all’art.13 della Dichiarazione dei Diritti del ’74. L’art.13, lo ricordiamo come lo hanno fatto i Garanti, parla dell’equità nella riscossione dei tributi. I Consiglieri firmatari del ricorso avevano considerato il 5% aggiuntivo sui precari, a cui si somma l’1,5% di taglio sugli stipendi di tutti i Pubblici Dipendenti compresi quelli di ruolo, come una tassa. I Garanti hanno invece specificato che quell’intervento va inteso come una riduzione dello stipendio, che dovrebbe essere concordato tra l’altro con le Associazioni di Categoria. Solo per questo motivo il ricorso non è stato accolto, come ben specificato in diversi punti della sentenza. Il 3.5. in particolare è centrale nelle valutazioni espresse dal Collegio. In quel paragrafo si sottolinea come non sia stato possibile indagare altri profili di illegittimità, in quanto il ricorso si concentrava sull’art.13, profili che potrebbero essere sindacati se richiamati tramite altri strumenti processuali. Il Governo
potrebbe anche, e lo si specifica chiaramente, utilizzare la sua funzione legislativa per “correggere eventuali vizi (anche di legittimità costituzionale)”.
Insomma, dalle righe della sentenza traspare il fatto che il principio sottolineato nel ricorso, seppur non sindacabile per cavilli burocratici, non piace. E come potrebbe piacere, dato che quella norma chiede un contributo economico maggiore alla crisi di bilancio a chi, i precari, quindi i più giovani, hanno già meno tutele e meno diritti? Questo è un principio che, in nome della bandiera inappellabile dei diritti acquisiti, più Governi, con l’avvallo implicito dei Sindacati, hanno applicato in diversi campi. Primo fra tutti quello pensionistico, in cui solo le nuove generazioni (in questo caso, i pensionati del futuro) saranno chiamate a pagare il conto di un sistema in crisi. E’ un principio che quindi va combattuto, in particolare dalle nuove generazioni a cui si sta rubando il futuro. Va combattuto anche se le norme dicono altro, facendo leva sul principio della solidarietà generazionale che deve vedere i nonni e i genitori fare dei sacrifici per il futuro dei propri figli. Non vale, e non deve valere, perlomeno in questo caso, neanche la divisione fra settori di lavoro. Invitiamo pertanto i dipendenti di ruolo della Pubblica Amministrazione, ma anche i cittadini disoccupati, gli autonomi, o i dipendenti del settore privato ad essere in prima fila con noi a protestare contro questa evidente violazione del principio di equità della nostra normativa. Lottando con noi per chiedere al Governo di iniziare veramente a chiedere sacrifici a tutti in base alle proprie possibilità, non in base a quale bacino elettorale sia più o meno influente.
potrebbe anche, e lo si specifica chiaramente, utilizzare la sua funzione legislativa per “correggere eventuali vizi (anche di legittimità costituzionale)”.
Insomma, dalle righe della sentenza traspare il fatto che il principio sottolineato nel ricorso, seppur non sindacabile per cavilli burocratici, non piace. E come potrebbe piacere, dato che quella norma chiede un contributo economico maggiore alla crisi di bilancio a chi, i precari, quindi i più giovani, hanno già meno tutele e meno diritti? Questo è un principio che, in nome della bandiera inappellabile dei diritti acquisiti, più Governi, con l’avvallo implicito dei Sindacati, hanno applicato in diversi campi. Primo fra tutti quello pensionistico, in cui solo le nuove generazioni (in questo caso, i pensionati del futuro) saranno chiamate a pagare il conto di un sistema in crisi. E’ un principio che quindi va combattuto, in particolare dalle nuove generazioni a cui si sta rubando il futuro. Va combattuto anche se le norme dicono altro, facendo leva sul principio della solidarietà generazionale che deve vedere i nonni e i genitori fare dei sacrifici per il futuro dei propri figli. Non vale, e non deve valere, perlomeno in questo caso, neanche la divisione fra settori di lavoro. Invitiamo pertanto i dipendenti di ruolo della Pubblica Amministrazione, ma anche i cittadini disoccupati, gli autonomi, o i dipendenti del settore privato ad essere in prima fila con noi a protestare contro questa evidente violazione del principio di equità della nostra normativa. Lottando con noi per chiedere al Governo di iniziare veramente a chiedere sacrifici a tutti in base alle proprie possibilità, non in base a quale bacino elettorale sia più o meno influente.
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